Editoriale

Oltre la fine

Il Cavaliere riunisce il suo stato maggiore, incassa il coro pretoriano e si prepara allo “show-down” finale. Il governo non si discute. Si ricatta. Si tiene al guinzaglio Letta junior […]

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 12 luglio 2013

Il Cavaliere riunisce il suo stato maggiore, incassa il coro pretoriano e si prepara allo “show-down” finale. Il governo non si discute. Si ricatta. Si tiene al guinzaglio Letta junior e intanto si mobilita la piazza contro una magistratura definita “associazione segreta”. Finché non scenderà in campo Forza Italia, come nel ’94, come un incubo che replica l’inizio della fine. Solo che adesso siamo già oltre la fine. E il cronoprogramma di Berlusconi prevede solo una via d’uscita, fiducioso, come è sempre avvenuto, di riuscire, con una sentenza favorevole o ribaltando il tavolo, a farla franca.

Di fronte alla falange berlusconiana c’è un Pd allo sbando, con un segretario che difende la scelta sciagurata di piegare il Parlamento alla battaglia contro la magistratura. Forse pensando di chiudere la stalla quando i buoi sono usciti da un pezzo. Il Pd in realtà lascia gestire a Berlusconi il proprio congresso e intanto scivola nel gorgo masochista in cui il gruppo dirigente ogni giorno affonda un po’. Lacerato da una guerra intestina senza quartiere, impegnato nell’eroica battaglia a chi affonda meglio il coltello nella piaga dell’avversario interno. Una rissa mediatica combattuta nel vuoto spinto della politica, mentre corre sotto traccia una riforma della Costituzione che dovrebbe regalarci l’elezione diretta di un presidente-caudillo, uomo forte al comando di un paese economicamente annientato da una destra che ha deciso chi saranno i sommersi e chi i salvati.
Chi mai avrebbe immaginato, nonostante peggiori presagi annunciati dal governo delle larghe intese, che il Pd potesse arrivare a sospendere i lavori del Parlamento perché la Cassazione aveva evitato la prescrizione di uno dei processi di Berlusconi? Neppure il più cinico osservatore della politica nazionale, nemmeno il più sconfortato militante rimasto a casa alle ultime elezioni avrebbe spinto la propria disillusione al punto di prevedere una fine così indecorosa di un gruppo dirigente già tramortito e umiliato da un governo sterilizzato nella provetta presidenziale.

Il deserto sociale in cui siamo sprofondati di fronte alla degenerazione estremista del berlusconismo, ai disastri del montismo, al fantasma di una sinistra che non c’è, rende persino difficile pensare di poter giocare la carta delle elezioni. Anche questa estrema riserva della democrazia sembra un’arma debole.

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