Da ormai qualche anno penso a quale potrebbe essere l’ alternativa-strategica a forme assurde di polìtica che riescono ad eludere lo sguardo e l’ intelligenza dell’elettore.
Così penso a due vie di uscita:
- la prima che utilizza strumenti di marketing e psicologia per demolire le costruzioni mitiche che tanto hanno appiattito le menti di tanti elettori;
- la seconda che rispolvera strumenti di partecipazione capaci di demolire l’ idea della sinistra come male assoluto.
Ecco che, se si riuscisse a fare sìntesi di queste due strategie si potrebbe tornare a ripensare ad un’ alternativa concreta.
Ma come fare? Sembrerebbe che la macchina burocràtica e del consenso abbia condannato la sinistra ad essere un aborto centrista, confinando quella che può diventare sinistra ad estremismo da perseguire…mentre ogni atto “incivile, illegittimo e illegale” della polìtica di destra può essere considerato goliardico e redento in nome della libertà.
Ho Il timore che i confini posti stiano davvero creando difficoltà nella lotta: lo dimostrano le forze dell’ ordine dispiegate in numero vergognoso contro ogni manifestazione, cui seguono identificazioni e anche arresti…lo dimostra la richiesta di ergastolo della procura per Cospito.
Sembrerebbe che la sinistra stia e r-esista solo in contesti definiti estremisti, per cui non contemplabili all’ interno di una visione politica fascio-borghese “democràtica”, che paradossalmente considera sinistra Il PD che a sua volta, caduta nella trappola dei significati imposti dalle destre si tiene ben lontana dal resistere.
Sembrerebbe un circolo vizioso, o meglio un meccanismo ben oliato e capace di imporre un’ egemonia culturale sulle masse che non permette più neanche di essere critici.
Come disinnescare questi processi che si stanno trasformando in pessimi prodotti culturali che non permetteranno a noi e alle giovani generatzioni di ribellarci?
Tra le due strategie di cui ho scritto prima, certamente la seconda a mio avviso ha più potere di contrasto: la partecipazione ha un potere enorme, ma va coltivata e valorizzata. In un contesto odierno certamente va curata la comunicazione, la relazione, la cura e l’ empowerment con e della collettività e quindi quegli strumenti di marketing e di psicologia di cui sopra andrebbero adattati ad una visione sociale e umana della polìtica rispetto alla collettività.
Si può e si deve fare certamente, e tutto ciò richiederà uno sforzo enorme in termini di riorganizzazione. Saranno necessari leaders, intesi come persone capaci di raccogliere bisogni e risorse, capaci di interrelazionarsi e fare sìntesi che si concretizzeranno in azioni sulla base di chiari ideali a cui si aderirà con coerenza per Il ben-essere della collettività.
Ci vorrà tempo certo, tanto e tanto entusiasmo e passione e voglia di cambiare, ma dobbiamo pur prenderla questa direzione se non vogliamo che quei limiti, quei confini oggi superabili diventino muri invalicabili.
Questo è Il mio punto di vista, ciò che mi è balenato leggendo l’ articolo e che continua negli ultimi anni a passare nella mia mente. Non nego di provare impotenza, a volte anche frustrazione nel vedere sdoganata certa polìtica misera,disumana,aprofittatrice, ma finché proverò sdegno e sentirò odore di ingiustizia non mi sentirò una comunista illusa, nostalgica.
Mi piacerebbe "studiare"progetti di alternativa possìbile a sinistra, le buone prassi da raccogliere per adattarle al nostro contesto politico. Il Manifesto raccoglie nei suoi articoli buone prassi seguendo da vicino le lotte e allo stesso tempo informando e decostruendo i miti delle destre, offrendo spazio di confronto come questo del collettivo …ma perchè non andare oltre? Ed uscire da quella comfort zone che ci fa tutti ribelli e pronti alla lotta nel virtuale? Oso, perché Il Manifesto non richiama alla stesura di un progetto politico i tanti intellettuali e militanti di sinistra? Affinché poi questo progetto diventi realtà polìtica in azione?