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Paladino a Brescia, l’invasione degli archetipi

Paladino a Brescia, l’invasione degli archetipiMimmo Paladino, Testa in pietra (1992) esposta a Brescia, nella basilica longobarda di San Salvatore, foto di Francesco Salvetti

Da un'idea del gallerista Massimo Minini, una mostra diffusa, un caso felice di arte per tutti Il legame di Mimmo Paladino con la città risale al 1976. Oggi torna a far parlare gli spazi urbani con un’«Ouverture» che ha risonanze longobarde

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 4 giugno 2017
A Mimmo Paladino va riconosciuta una qualità che è di pochi artisti: quando arriva in un luogo è come se fosse stato lì da sempre. Ogni volta trova il suo spazio senza necessità di farsi largo o di «imporsi». Una qualità che è giusto sottolineare, visto che spesso assistiamo a interventi di artisti contemporanei che consumano i contesti storici forzandone valori ed equilibri, con obiettivi mediatici e quindi mercantili. Non è una strategia, quella di Paladino. È una predisposizione: la sua opera osserva più che voler essere osservata. È arte in ascolto; intrinsecamente dialogante, che lascia sempre la prima parola...

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