Alias Domenica
Penna, carte nascoste di una vaga bohème
Giuseppe Leonelli, «Commentario penniano. Storia di una poesia», da Aragno Lo stereotipo di Sandro Penna era quello di un poeta «greco», a-storico: ma l’analisi di testi e contesti ci mostra qualcos’altro
Giuseppe Capogrossi, «Piena sul Tevere», 1934, Roma, GNAM
Giuseppe Leonelli, «Commentario penniano. Storia di una poesia», da Aragno Lo stereotipo di Sandro Penna era quello di un poeta «greco», a-storico: ma l’analisi di testi e contesti ci mostra qualcos’altro
Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 6 dicembre 2015
All’editor del suo solo libro in prosa (Un po’ di febbre, Garzanti 1973) e cioè a Giovanni Raboni capitò di chiedersi una volta: «Quand’è che Sandro Penna ha scritto le sue poesie?» Diversi fatti lo inducevano alla domanda formulata nei termini di un paradosso. Innanzitutto una produzione molto avara (tra l’esordio di Poesie, Parenti 1939, e il volume già complessivo di Tutte le poesie, Garzanti 1970, battezzato da Pier Paolo Pasolini, intercorrono soltanto rare plaquettes fra cui Croce e delizia, Longanesi 1958), una ricezione critica più che altro affidata a poeti e compagni di via (Montale, Caproni, Saba che pure...