Scrive Federico Martelloni:
“Si tratta di reintrodurre il principio di parità di trattamento economico e normativo tra dipendenti dell’appaltante – ossia l’impresa principale che affida a un soggetto terzo un segmento del ciclo produttivo o un servizio – e dipendenti dell’appaltatore (e di eventuali subappaltatori). Si tratta, in altri termini, di dire alle imprese che possono «esternalizzare» segmenti della propria attività solo in un’ottica di specializzazione qualitativa, mai per mere esigenze di riduzione dei costi.”
Intanto credo che una legge nazionale sul salario minimo già di per sé porrebbe le basi per un trattamento economico minimo uguale per tutti, indipendentemente dal numero dei subappalti consentiti.
Inoltre mi sembra che la regola sulla parità di trattamento dei lavoratori, economica e normativa, tra ditta appaltante e ditte appaltatrici e subappaltatrici, sia importante e necessaria, ma non sufficiente.
L’interesse ad appaltare e subappaltare rimarrebbe per la possibilità di riduzione dei costi attraverso risparmi sulla qualità dei materiali e dei mezzi tecnici.
E anche attraverso una accelerazione dei tempi di esecuzione del lavoro, che il titolare della ditta appaltatrice e subappaltatrice, mi pare ovvio, potrebbe ottenere anche rispettando tutte le normative, in considerazione della precarietà e della ricattabilità dei contratti esistenti.
Infine, mi pare comunque essenziale, anche e soprattutto nel caso di un miglioramento delle legislazione vigente nel senso auspicato in questo articolo, la possibilità effettiva e capillare di controllo in ogni cantiere che si apre e per tutta la durata degli stessi. Quindi tanti ispettori del lavoro in più, ben preparati, ben pagati e dotati di mezzi necessari a svolgere il loro delicato e vitale (davvero!) compito.