Editoriale

Perché temere l’effetto-felpa è sbagliato

Perché temere l’effetto-felpa è sbagliato

Governo Dev’essere di nuovo colpa della micidiale sindrome per cui la sinistra teme ormai anche la sua ombra. Altrimenti sinceramente non si capisce perché Pd, M5s e Leu abbiano scelto di […]

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 18 gennaio 2020

Dev’essere di nuovo colpa della micidiale sindrome per cui la sinistra teme ormai anche la sua ombra. Altrimenti sinceramente non si capisce perché Pd, M5s e Leu abbiano scelto di tergiversare battendosi per rinviare la scelta del Parlamento sulla vicenda che riguarda il comportamento dell’ex ministro dell’interno verso i 131 immigrati a bordo della nave Gregoretti.

Una battaglia campale senza risparmio di forze per evitare, sostengono in coro le voci della maggioranza, che Salvini possa indossare la felpa della vittima alla vigilia delle elezioni regionali. E per ritardare il via libera in queste ore si fa avanti l’ipotesi di non partecipare al prossimo voto della giunta per il regolamento.
In realtà sarebbe come darsi la classica zappa sui piedi visto che proprio «l’Aventino» sarebbe facilmente ridicolizzato dal capopolo leghista che a ogni ora del giorno e della notte appare in tv proprio sul tira e molla del voto che lo riguarda. E questo senza nulla togliere alla giusta protesta per il comportamento sub-partes della presidente del Senato Casellati che ha votato a favore della richiesta delle destre.

La miglior difesa sulla questione dell’immigrazione dovrebbe essere l’attacco a viso aperto verso chi ha acceso nel paese l’intolleranza contro «l’invasione», fino a indicare i migranti come il peggior nemico del popolo italiano. La miglior difesa è la rivendicazione, senza inutili tatticismi, dell’autorizzazione a procedere contro il nostro campione di xenofobia. Che promuove convegni sull’antisemitismo così ipocriti da essere disertati da personalità come la senatrice Liliana Segre.

Tra l’altro proprio ieri la Cassazione ha bocciato il ricorso della procura stabilendo che Carola Rackete, la giovane capitana della Sea-Watch non andava arrestata perché chi aiuta le persone in mare, come ha fatto lei, non dovrebbe essere perseguito.

Servirebbe almeno un po’ di buon senso, se non di coerenza. Non si incensano a parole le piazze delle Sardine per poi smentirsi e recitare la parte di chi sull’immigrazione non sa che pesci prendere.

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