Editoriale

Poveri noi tra il gatto e la volpe

Poveri noi tra il gatto e la volpe

L’imbarazzante battaglia politica a colpi di condoni e la gara tragicomica tra Di Maio e Salvini a chi nasconde meglio l’evasore sotto il tappeto, rappresentano uno spettacolo che il nostro […]

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 21 ottobre 2018

L’imbarazzante battaglia politica a colpi di condoni e la gara tragicomica tra Di Maio e Salvini a chi nasconde meglio l’evasore sotto il tappeto, rappresentano uno spettacolo che il nostro Paese e gli italiani non meritano. Il gatto (Di Maio) e la volpe (Salvini) hanno offerto un’immagine penosa di se stessi, senza neanche bisogno di un’opposizione di sinistra in grado di scalfire la maschera di credibilità e il consenso al governo gialloverde.

Ma il masochismo politico, per una coalizione che conta su una solida maggioranza, per il momento finisce con la cancellazione della non punibilità penale e dello scudo sui capitali esteri. Tutto risolto con un «amici come prima», sancito da un Consiglio dei ministri al quale la «manina» non ha partecipato.

Adesso cercano di incollare il contratto di governo fino alle elezioni europee, ma l’ultima sceneggiata rivela la difficoltà dei 5Stelle sia di fare i conti con la propria base, sia di conservare la forza elettorale che li ha portati a Palazzo Chigi. I colonnelli leghisti ormai li trattano come una truppa da mettere in riga, perché se per la Lega il condono è nel Dna, una tradizione «di famiglia» che risale ai tempi dei governi con Berlusconi, per il M5S essere quelli che si iscrivono all’albo dei furbetti e degli evasori appare come un boomerang.

E infatti il gran premio promesso da Di Maio allo scempio dell’abusivismo in Campania e soprattutto a Ischia (addirittura con la riesumazione del provvedimento del 1985, uno dei più estesi regali allo sfascio di quei territori), basta e avanza per smontare la piazzata del vicepresidente pentastellato che ha recitato il siparietto comico a Porta a Porta sul condono fiscale «a sua insaputa».

Le spine nel fianco della base grillina sono numerose e trafiggono non solo lo slogan «onestà, onestà», perché pungono profondamente anche il retroterra ambientalista e il campo dei beni comuni, a lungo coltivati dalla base, insieme all’avversione per il modello economico delle grandi opere. Non solo: il via libera allo sversamento in agricoltura dei rifiuti da idrocarburi, previsto dal decreto su Genova studiato dal fantasioso ministro Toninelli, rappresenta un altro regalo a chi potrà continuare a inquinare legalmente. Una violenza al territorio del Bel Paese che deve essere cancellata.

C’è poi un inquinamento più profondo che nutre i frutti velenosi della caccia all’immigrato: l’umiliazione del sindaco e dell’esperienza di Riace, lo smantellamento dell’accoglienza pubblica dei comuni per appaltare ai traffici dei privati la gestione di nuovi reclusori per i migranti, la discriminazione nei confronti dei bambini stranieri a Lodi. Proprio contro tutto questo, sabato prossimo, 27 ottobre, una iniziativa promossa da un corposo cartello di organizzazioni sociali, chiamerà alla mobilitazione in tutte le grandi città per fermare l’onda nera. Che minaccia anche la libertà delle donne, a novembre in piazza contro la violenza, il razzismo e in difesa della legge sull’aborto.

Ma sulla comunità nazionale oltre l’imbarbarimento della convivenza civile, sono già arrivate anche le prime cannonate della Commissione europea e delle agenzie di rating, determinando l’isolamento totale del paese, già punito da uno spread a livelli record. Eppure la linea di difesa del governo gialloverde, con le stime gonfiate di una crescita improbabile, a fronte di una sicura escalation del debito, aggrava la situazione di estrema difficoltà.

L’aspetto più preoccupante è che la Lega, proprio dentro questa crisi di credibilità e di immagine, stia guadagnano terreno, come sostengono tutti i sondaggi. Al contrario del M5S che accusa un appannamento. E la kermesse del Circo Massimo a Roma sembra, più che una celebrazione, una chiamata alle armi per ricompattarsi. Le divisioni nel gruppo dirigente, tra i parlamentari e gli amministratori locali, cominciano a manifestarsi. Non a caso il presidente della camera Fico, espressione della fase dei meet-up, cerca di arginare le falle aperte nel Movimento. Sull’immigrazione, sull’Europa, ora sul condono. E anche sul decreto sicurezza.

È possibile che i malumori all’interno del Movimento, come anche i dissensi con l’alleato leghista, finiscano in una bolla di sapone, perché tra far saltare il contratto e governare il Paese per cinque anni, la seconda via sarà quella preferita. Ma non c’è dubbio, come dimostrano le ultime schermaglie, che tra M5S e Lega si sia incrinato un rapporto di fiducia. E nei prossimi mesi, con le elezioni amministrative e quelle europee, l’amicizia tra il gatto e la volpe verrà messa a dura prova.

 

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