Visioni
Quando i ratti «superstar» invadono il set
Maboroshi Nel cinema i topi, sono stati spesso la rappresentazione simbolica di un qualcosa di negativo, di pericoloso e di estraneo
Una scena di «Nezura», 1963, il film mai completato della Daiei
Maboroshi Nel cinema i topi, sono stati spesso la rappresentazione simbolica di un qualcosa di negativo, di pericoloso e di estraneo
Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 9 marzo 2018
Nel cinema i topi, o meglio sarebbe dire i ratti, per la valenza selvatica che questi ultimi portano con loro rispetto all’immagine più «domestica» e addolcita dei primi, sono stati spesso la rappresentazione simbolica di un qualcosa di negativo, di pericoloso e di estraneo, fin dagli albori della settima arte. Ma è con l’esplosione del cinema di genere che questo animale ha cominciato ad «infestare» gli schermi di numerose pellicole, Gilles Deleuze e Felix Guattari nel loro capolavoro Mille plateaux già citavano Willard del 1971, film in cui il protagonista umiliato dagli umani trova rifugio e possibilità di vendetta attraverso...