Editoriale

Quel bravo figlio del boss

Quel bravo figlio del bossBruno Vespa presenta l'intervista al figlio di Totò Riina – Ansa

Un capitolo imbarazzante, tra i tanti offerti dalla nostra televisione pubblica. Anticipata da una forte polemica politica, l’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina, ha ottenuto quello che […]

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 8 aprile 2016

Un capitolo imbarazzante, tra i tanti offerti dalla nostra televisione pubblica.

Anticipata da una forte polemica politica, l’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina, ha ottenuto quello che era largamente, banalmente prevedibile: il lancio del libro scritto in omaggio del grande boss «un padre che rispetto e che amo». Una promozione televisiva da esibire con gli amici e gli amici degli amici, la dimostrazione che nel grande frullatore della sera i sapori forti restano il piatto prelibato del menù. Che sia Cogne o la mafia. Lo stile non si discute.

Tutte le domande del gran cerimoniere della «terza camera» della Repubblica, che si mostrava stupito della mancanza di qualunque accenno di critica del figlio nei confronti di un padre pluriassassino, ci potevano essere tranquillamente risparmiate.

Nessuna informazione si è affacciata a disturbare il faccia a faccia tra Vespa e Riina junior. Per una ragione molto semplice, perché non era l’informazione a regnare in quel salotto ma un’altra cosa, una marmellata che si chiama infotainment, un modo per mescolare informazione e intrattenimento a tutto vantaggio del secondo, un format che in genere a Porta a Porta prende la strada della pornografia dei sentimenti.

Nessun approfondimento e quanto allo spettacolo, abbiamo visto un brutto show.

Non bisognava essere dei mostri di preveggenza per immaginare che quei lunghi primi piani sull’autore del libro, quelle domande quasi sussurrate, quello schermo a doppia finestra (da una parte il volto di Riina e dall’altra la scena di Capaci) avrebbero solo contribuito alla costruzione del personaggio.

Un giovane uomo tranquillo, devoto alla famiglia. Che, naturalmente, in questo caso bisogna intendere in senso lato ed estendere quel rispetto filiale alla grande famiglia mafiosa.

La serenità di un uomo, condannato a 8 anni per mafia, ora in libertà vigilata, occupato in una onlus e fidanzato. Che cosa c’entrano questi particolari con la tremenda vicenda racchiusa in quel cognome? Sono gli ingredienti per il prodotto della serata televisiva.

Sì, magari il padre sarà uno terribile, ma hai visto il figlio? In fondo sembra uno tanto a modo.

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