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Quel doppio vincolo tra soccorritore e naufrago
Commento Stare da una parte o dall’altra non è questione di merito. Tra chi vive e chi muore, chi lotta per la vita e chi corre in aiuto, si forma un legame indissolubile in cui la distanza tra esseri umani si annulla e la coscienza si lega per sempre
Migranti soccorsi dopo il naufragio della loro barca al largo dell'isola di Rodi – Lapresse/Reuters/Argiris Mantikos/Eurokinissi
Commento Stare da una parte o dall’altra non è questione di merito. Tra chi vive e chi muore, chi lotta per la vita e chi corre in aiuto, si forma un legame indissolubile in cui la distanza tra esseri umani si annulla e la coscienza si lega per sempre
Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 aprile 2015
Lilian Pizzi, Raffaele K. SalinariTerre Des Hommes
Le salme della tragedia del canale di Sicilia, come è avvenuto in occasione del naufragio dell’11 ottobre 2013, saranno separate dai superstiti. Non sappiamo ancora, ma è certo, che tra i sopravvissuti ci siano persone che hanno perduto amici e familiari. I regolamenti, quando si tratta di morti in mare, sottovalutano l’importanza di una separazione rituale tra i vivi e i morti, di questa conta tra sommersi e salvati come già diceva Levi riferendosi alla sua stessa esperienza. Il 3 ottobre 2013, a Lampedusa, le istituzioni discutevano sull’opportunità di comunicare ai superstiti la partenza delle bare dal porto, direzione Agrigento,...