Editoriale

Renzi, attento alla propaganda di Netanyahu

L'Italia, l'Europa e la Questione Palestinese II recenti attacchi terroristici in Europa hanno agevolato il ritorno a formule demagogiche che nascondono i problemi reali del continente. Certamente alcuni gruppi fondamentalisti islamici hanno preso la strada del […]

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 22 febbraio 2015

II recenti attacchi terroristici in Europa hanno agevolato il ritorno a formule demagogiche che nascondono i problemi reali del continente. Certamente alcuni gruppi fondamentalisti islamici hanno preso la strada del terrore cieco, e in questo quadro l’assassinio di ebrei aggrava le ripercussioni della loro azione.

Si tratta di gruppi assolutamente marginali. Essi non rappresentano l’islam, un nome collettivo per indicare diverse correnti di fedeli che fanno parte di comunità assediate dalla destra locale nei vari paesi europei. I risultati economici e sociali del neoliberismo sono alla base della forte crescita della destra in diverse parti d’Europa e il terrore jihadista è l’alimento principale per questi gruppi. Il razzismo antislamico non è meno pericoloso o biasimevole dell’antisemitismo.

È pura demagogia collegare questi attacchi al conflitto israelo-palestinese. Ovviamente la politica avventuriera del governo di Tel Aviv provoca in Europa diversi tipi di reazione, dunque anche alcuni elementi di carattere antisemita.
Chi vuole un’Europa diversa dovrebbe lottare seriamente non solo contro il razzismo anti-ebraico ma anche, allo stesso modo, contro il razzismo anti-islamico e la demonizzazione crescente di tutto quello che si riferisce all’islam.

È incredibile che si debbano ancora ascoltare discorsi che riecheggiano le direttive più estreme della propaganda da parte della destra israeliana. Perché il governo israeliano non ha alcun interesse ad arrivare alla pace. La demagogia di Netanyahu e alleati non può nascondere quello che il Corriere della sera sembra ignorare: Israele è la potenza occupante, della Cisgiordania dal 1967 e fino al 2005 anche di Gaza.
Il ritiro da Gaza è un’altra storia che non va ignorata: Gaza in realtà è un’enorme prigione di 363 km quadrati nella quale oltre un milione e mezzo di palestinesi vivono in condizioni terribili. Il brutale accerchiamento della Striscia di Gaza fa di Israele ed Egitto i reali arbitri di tutto quello che là accade.

L’ultima guerra è stata avviata dalle forze israeliane. Io sono assolutamente contro le modalità di risposta di Hamas, ma altrettanto assolutamente sono contro la guerra condotta dal governo di Israele con modalità e processi che già abbiamo analizzato in queste pagine. Sono morti almeno 76 israeliani, mentre duemila palestinesi – l’80% dei quali civili – sono rimasti vittime degli attacchi israeliani. Decine di migliaia di case sono state distrutte dalle bombe nella Striscia.

Il ritiro del 2005 non è stato altro che uno stratagemma per non trattare con l’Autorità palestinese, e ha rafforzato Hamas; chiunque voglia davvero la pace dovrebbe capire che essa sarà possibile solo con un dialogo vero con i palestinesi. Sarà possibile solo se si arriva a una reale unità palestinese, la quale deve comprendere Hamas visto che l’organizzazione rappresenta un ampio settore della popolazione palestinese, piaccia o no al Corsera, ai governanti israeliani e quant’altri. Chi davvero vuole contrastare il predominio di Hamas dovrebbe cominciare a combattere le ragioni economiche e sociali profonde che l’hanno rafforzato.

Oggi, la presunta democrazia israeliana non è altro che un’etnocrazia. Invece di entrare in una libreria per comprare un libro di Edward Said – lo insegno anche io ai miei studenti – i corrispondenti esteri dovrebbero chiedersi perché alcuni dei miei alunni sono stati attaccati per il fatto di parlare arabo, e perché ci troviamo di fronte a un razzismo in crescita rampante.

Chi frequenta le nostre librerie dovrebbe anche cercare di vedere che la democrazia israeliana si trova oggi sull’orlo del baratro, che il pacifismo in realtà è ai minimi livelli, che l’alleanza ultranazionalista e fondamentalista domina oggi la campagna elettorale (si vota il 17 marzo, ndr) e la vita quotidiana.

Negli anni ottanta la Democrazia cristiana aprì un capitolo importante nella politica europea di fronte al conflitto israelo-palestinese. Renzi e il Pd di adesso renderanno un gran servizio a Israele se si allontaneranno dalla propaganda e appoggeranno una vera politica a favore della pace. È ora che i democratici d’Europa uniscano le forze per frenare il fondamentalismo israeliano, difendano realmente una linea di pace, smascherino le menzogne del governo di Israele. Questo favorirebbe una soluzione pacifica e sarebbe più efficace che continuare con le demagogiche generalizzazioni sull’islam, gli ebrei e il conflitto in Medioriente.

Dar retta alla demagogia di Netanyahu, non è solo cecità politica, significa anche aiutare tutti gli elementi di destra in Europa che nascondono le loro vere intenzioni dietro lo spauracchio del «pericolo islamico» e dietro lo slogan «Israele unica democrazia in Medioriente».

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