Renzi e la fuga dai diritti
Fecondazione eterologa È doveroso per i poteri pubblici consentire l’esercizio del diritto. Regolamenti e linee-guida future non devono intanto impedire l’applicazione della legge che c’è
Fecondazione eterologa È doveroso per i poteri pubblici consentire l’esercizio del diritto. Regolamenti e linee-guida future non devono intanto impedire l’applicazione della legge che c’è
Con la sentenza 162/2014 la Corte costituzionale ha fatto cadere per le coppie assolutamente e irreversibilmente sterili o infertili il divieto di fecondazione eterologa posto dalla legge 40/2004. La ministra Lorenzin ha portato in consiglio dei ministri alcune linee guida per dare seguito alla pronuncia. Ma Renzi ha deciso di non decidere, rinviando la palla in parlamento.
Sapeva Renzi che in Italia l’eterologa è stata praticata per anni, fino al divieto della legge 40? È probabile che le linee guida di Lorenzin seguissero quelle che lo stesso ministero aveva formulato in passato.
La cosa ovvia era riprendere la strada interrotta dall’oscurantismo ideologico di quella legge. Invece, il premier ha fatto mostra di ossequiare un parlamento fin qui trattato come club di servi obbedienti e sciocchi, o per altro verso covo di gufi e malfidati. Aggiungendo, nell’immediato, minacce ministeriali a chi osasse prendere iniziative sul punto.
Renzi avrebbe almeno potuto consentire l’adozione delle linee guida, fino alla decisione parlamentare. Ma al premier i diritti non interessano, che si tratti del diritto dei cittadini di votare i propri senatori, o del diritto a un figlio per chi proprio non può averne. Gli interessano invece molto la sua immagine e Palazzo Chigi. Teme quindi turbamenti da una eterologa che – per la evanescenza del governo da lui stesso voluta – gli verrebbe imputata. Turbamenti in qualche settore dell’opinione pubblica, e della maggioranza spuria che lo sostiene. Meglio lasciare in altre mani la patata bollente.
Ma la sentenza 162, includendo l’eterologa nella protezione costituzionale dei diritti fondamentali desumibile dagli articoli 2, 3, 31 e 32, ha posto un punto fermo. È doveroso per tutti i poteri pubblici consentire l’esercizio del diritto. E non è affatto indispensabile che governo o parlamento diano seguito ad alcunché. La sentenza argomenta che dalla dichiarazione di illegittimità non viene un vuoto normativo, e bene ha fatto il presidente Tesauro a ribadirlo. La pronuncia è mirata alle sole coppie assolutamente e irreversibilmente sterili o infertili. Per intenderci, solo chi non può in altro modo avere figli. E dunque non c’è alcun pericolo di deriva eugenetica, non potendo l’eterologa essere utilizzata per avere un figlio diverso rispetto a quello che i propri geni renderebbero probabile. La sola differenza tra fecondazione eterologa e omologa è che dalla prima nasce un figlio che non è geneticamente riconducibile a entrambi i genitori. Nessun pericolo specifico o particolare per la salute. Al contrario, un supporto che può essere essenziale per la salute psichica. E poi, che senso ha negare l’eterologa laddove si consente l’adozione?
Il governo non può impedire l’esercizio di un diritto fondamentale costituzionalmente protetto. Non potrebbe nemmeno una legge, e tanto meno un diktat ministeriale. Al più, sarebbero consentite modalità organizzative e di esercizio nel rispetto rigoroso di criteri di ragionevolezza, necessità e proporzionalità, e in ogni caso di minimo indispensabile sacrificio del diritto. Ma fino a quando tali modalità non sono poste con norma legislativa o sublegislativa (regolamenti, direttive, linee-guida), il diritto si esercita secondo la disciplina vigente e applicabile, inclusa la legge 40, per la parte sopravvissuta. Bene ha fatto il presidente della Regione Toscana a pronunciarsi per l’eterologa nelle strutture pubbliche. Per una volta, l’autonomia regionale mostra di servire una buona causa. Quanto alle strutture private, mancherebbe il fondamento per un divieto autoritativo.
Si sente dire che bisogna evitare un nuovo caso Stamina. Un accostamento del tutto immotivato. L’opinione medica, con poche eccezioni, bollava «il metodo Stamina» come inutile o persino pericoloso. Mancavano credibili riscontri scientifici di un beneficio terapeutico. Hanno quindi fatto male alcuni giudici a non tener conto dell’orientamento generale del sapere tecnico. Per la fecondazione eterologa è il contrario. Dubbi e contrasti vengono non dal sapere tecnico, ma da pruriti ideologici, e magari dal timore che si allarghino in prospettiva fronti che si vogliono chiusi a ogni costo. Ad esempio, a una coppia di donne cui venisse domani riconosciuto il diritto di sposarsi o comunque di formare una unione legalmente riconosciuta sarebbe ben difficile negare – in specie guardando alla giurisprudenza più recente – il diritto alla filiazione. E quella coppia potrebbe avere un figlio solo attraverso una fecondazione eterologa.
II comportamento sull’eterologa reca un grave colpo all’immagine del premier, pronto a impugnare la frusta per lucrare qualche spicciolo di consenso, e altrettanto pronto a una coraggiosa fuga quando il guadagno manca o è incerto. Avrebbe potuto reagire ad alcune recenti figuracce ergendosi a paladino dei diritti. Desta rabbia e solidarietà sentire di famiglie che hanno bruciato le poche risorse di cui disponevano in costosi e inutili viaggi verso strutture di altri paesi, e che solo con la ripresa dell’eterologa in Italia potrebbero permettersi una nuova occasione. Non a caso, la Corte specificamente censura la disparità derivante dal censo.
Bastava poco per impugnare questa bandiera, dando anche una bella prova di sensibilità costituzionale. Si poteva prendere a schermo la sentenza 162 e la necessità di conformarsi. Ma era troppo per cuor-di-leone Matteo, che preferisce gli oboli ai diritti.
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