Alias Domenica

Scrivo sulle pareti e parlo con gli Antichi: Jim Dine

Scrivo sulle pareti e parlo con gli Antichi: Jim DineJim Dine in azione durante l’allestimento della mostra all’Accademia di San Luca. Foto di Andrea Veneri e Francesco Lo Mastro (Studio vl9)

Una conversazione con Jim Dine in occasione della mostra "House of Words" a Roma, Accademia Nazionale di San Luca Intensità autobiografica, scrittura come gesto, antico-mania: durante l’allestimento-happening Dine prende la parola. L’artista, originario dell’Ohio, trovò la sua strada nella New York vitalistica degli anni sessanta, subito differenziandosi, per inquietudine «romantica», dai coetanei della pop art: qui apre diverse finestre, testimoniando del suo percorso non etichettabile, fino agli odierni "Black Paintings"

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 5 novembre 2017
Sneakers, abbigliamento libero, da lavoro, presenza energica e colloquiale, americano, Dine, a ottantadue anni, col suo bel cranio rasato e la folta barba bianca, ci ricollega immediatamente al ragazzo del futuro che nel 1958, ad anni ventitré, dalla provincia dell’Ohio sbarcava a New York per dare il suo contributo all’imminente rovesciamento della scena artistica. Un contributo che, pur fortemente connotato in senso generazionale, subito si imponeva (a partire dagli happenings inventati con Oldenburg e Kaprow) per specifiche dominanti, si può dire romantiche, che giustificano appieno lo sviluppo successivo, mal compreso dalla critica bisognosa di etichette. Di questo sviluppo nella sua...

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