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Se la scuola difende l’identità di genere

Se la scuola difende l’identità di genere

Ddl Zan Leggiamo il ddl Zan immaginandoci in una scuola secondaria di secondo grado. In classe c’è un ragazzo, Paolo, che parla di sé al maschile: si sente, e dice di essere, […]

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 28 maggio 2021
Leggiamo il ddl Zan immaginandoci in una scuola secondaria di secondo grado. In classe c’è un ragazzo, Paolo, che parla di sé al maschile: si sente, e dice di essere, maschio. Ma sul registro – e all’anagrafe – si chiama Paola, perché purtroppo le scuole come il Liceo Ripetta di Roma sono poche. Ipotizziamo che subisca una discriminazione – che, beninteso, non significa chiamarlo «Paola», atto che denota ottusità burocratica e mancanza di sensibilità, ma non una discriminazione sanzionabile. L’atto «davvero» discriminatorio sarebbe punibile se la legge si riferisse solo al sesso o all’orientamento sessuale? No, perché il suo essere...

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