Editoriale

Se non ce la fate ipotecate la casa

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Welfare Nuova legge, grande svendita

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 11 luglio 2014

Da qualche anno nel patrimonio abitativo, realizzato negli anni del riformismo dalla Olivetti a Ivrea, si è aperta una nuova stagione. Con la crisi della società le abitazioni che erano in affitto sono passate in proprietà ai lavoratori che con la modestia delle pensioni percepite non hanno la concreta possibilità di eseguire la manutenzioni più costose. Immobili di altissimo pregio, firmati da grandi architetti italiani del dopoguerra, rischiano il degrado.

Ivrea è solo un esempio paradigmatico per il luminoso impegno sociale di Adriano Olivetti, ma il grande impoverimento causato dalla crisi di questi anni ha colpito senza pietà il ceto medio italiano, e il sogno della casa in proprietà, fortemente indirizzato da tante politiche e leggi, rischia di trasformarsi in un peso insostenibile.
Alla Camera dei deputati sta per andare in discussione una proposta di legge di variazione del cosiddetto “mutuo inverso”, e cioè il prestito vitalizio ipotecario, la possibilità che i proprietari di case con età superiore ai 65 anni possano accendere un mutuo con una banca o una società finanziaria che si rivale con una ipoteca sul bene. In sintesi, se vi state impoverendo e l’unico salvadanaio è la casa che avete acquistato con grandi sacrifici durante la vita lavorativa, potete continuare nel perverso meccanismo di indebitarvi ancora e accendere una ipoteca. Lo stesso meccanismo che aveva permesso a milioni di famiglie di realizzare il sogno di una casa. Ma in quei decenni reddito e protezioni sociali si espandevano. Oggi le pensioni si assottigliano e il welfare urbano scompare colpo dopo colpo. Il provvedimento consente poi agli eredi di ritornare nel pieno possesso del bene estinguendo il mutuo senza pensare che i giovani di oggi vivono di contratti precari e non potranno accollarsi mutui.
La possibilità di accendere il prestito vitalizio ipotecario era già contenuta nella legislazione italiana dal 2005, con il decreto legge 203, e cioè nel periodo del dominio culturale tremontiano. Il provvedimento proposto dai due deputati del Pd (Causi e Misiani) riduce i costi e gli interessi di tale operazione a carico dei proprietari. Ma, finché si è in tempo, vale la pena chiedersi se sia questa la strada più efficace per risolvere i problemi delle famiglie italiane o se non siano maturi i tempi di avviare una vasta opera di politiche di integrazione del reddito dei pensionati – sotto forma di sgravi fiscali o altro – fino al sostegno degli interventi edilizi più costosi. Politiche che funzionino da aiuto per questa fascia di popolazione che – come dicono tutte le statistiche – sta aumentando sempre più. Nulla di tutto questo all’orizzonte. Il legislatore dimostra una volta di più di stare dentro la stessa cultura che ha portato alla crisi anche se cerca di rendere il neoliberismo più umano.
Una strada fallimentare. La legge che ha introdotto nel nostro ordinamento il meccanismo dei mutui inversi è come dicevamo, del 2005. Eravamo ancora negli anni d’oro del mattone, con i valori immobiliari che crescevano ininterrottamente dal 1994 e vendere un immobile era facile. Neppure allora le banche avevano praticato questa strada ad eccezione di Euvis, finanziaria partecipata da Cofide e JP Morgan Chase, società è andata in liquidazione nel 2012. Oggi vendere un alloggio è molto più difficile e i valori immobiliari sono in calo dal 2008. Nell’Italia marginale, come la fascia appenninica e gran parte del sud, sono diminuiti del 40% e l’unica risposta delle forze progressiste, cui appartiene il Pd, è quella di guardare al futuro con la testa girata all’indietro.
Il primo ministro Matteo Renzi ha ottenuto consensi con l’efficace slogan “cambiamo verso”, ma dietro la cortina fumogena degli annunci delle grande riforme, dietro ogni provvedimento legislativo – dalla riforma urbanistica del ministro Maurizio Lupi che ama il cemento e l’asfalto alla lubrificazione del prestito vitalizio ipotecario – ci si trova di fronte alle stesse logiche fallimentari del ventennio passato, altro che cambiare verso. Del resto, chi ha i piedi e la testa bloccati dalla monocultura del cemento può solo continuare a stare fermo.

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