Alias Domenica
Sereni-Anceschi, lettere e distacchi
Novecento italiano Luciano Anceschi considerava Vittorio Sereni alla stregua di un «relais» tra Montale e i Novissimi; il poeta luinese cercava nel fervore socratico dell’amico una barra d’appoggio
Novecento italiano Luciano Anceschi considerava Vittorio Sereni alla stregua di un «relais» tra Montale e i Novissimi; il poeta luinese cercava nel fervore socratico dell’amico una barra d’appoggio
Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 3 novembre 2013
Un ragazzo introverso, uno studente ritardatario, un outsider della vita, questo si sentiva Vittorio Sereni nel 1935, appena ventunenne, alla scuola milanese di Antonio Banfi e in procinto di laurearsi su un poeta tanto più infingardo e malizioso di lui, quel Guido Gozzano in procinto di entrare nel cono d’ombra ventennale da cui l’avrebbe tratto, ben oltre il dopoguerra, una prefazione di Eugenio Montale che, rara avis, gli concedeva la palma di suo antecedente se non proprio di battistrada; viceversa, maggiore due anni rispetto a Sereni, di Banfi allora poteva dirsi un prosecutore, non gli fosse stato allevo tanto indocile...