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Spettacolo e anarchia: cinema dell’utopia

Spettacolo e anarchia: cinema dell’utopiada "Love me not"

Intervista Lluís Miñarro, già produttore di Manoel de Oliveira, Apichatpong Weerasethakul e Albert Serra, parla in anteprima di "Love me not", il suo quarto film da regista

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 15 dicembre 2018
Valerio CarandoBARCELLONA
Lluís Miñarro riscrive il mito evangelico di Salomè. E lo scaraventa nel cuore del deserto iracheno, in un incubo di sole e polvere che consegna allo sguardo i macabri rituali di Abu Ghraib. Il valenciano Luis García Berlanga, nel 1952, sbeffeggiava Truman nei pressi di Villar del Río (¡Bienvenido, Mr. Marshall!). Miñarro, da buon catalano, è ancora più estremo nella sua smania di astrattismo: la bandiera a stelle e strisce viene eclissata fuoricampo, nel limbo delle allusioni, e l’amarezza del j’accuse deflagra in un fecondo magnetismo visivo, nella più ficcante perentorietà discorsiva. Perché Love me not è cinema in versi...

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