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Spilliaert, il belga delle premonizioni indecifrabili

Spilliaert, il belga delle premonizioni indecifrabiliLéon Spilliaert, "Femme au bord de l’eau", 1910, collezione privata

A Parigi, Musée d'Orsay, "Léon Spilliaert (1881-1946). Lumière et solitude", a cura di Leïla Jarbouai e Anne Adriaens-Pannier «Il mio è un lavoro cerebrale, realista». Da Ostenda a Parigi, prediligendo l’inchiostro. Progressivamente si smarca dal simbolismo per divenire, ruminando il pensiero nietzschiano, sempre più metafisico: essenzialità, deformazioni, illuminazioni eccentriche

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 3 gennaio 2021
Léon Spilliaert, “Autoportrait aux masques”, agosto 1903, Parigi, Musée d’Orsay   Sul ciglio di una strada bianca, che attraversa polverosa una pianura deserta, dei femori umani si drizzano dalla terra come steli secchi di girasoli falciati. L’inquadratura da sotto in su e la silhouette dei femori in controluce rendono monumentali i resti ossei. L’atmosfera è umida, il silenzio regna sovrano, ed è una visione piena di premonizioni. L’opera, un inchiostro su carta, è di chiara matrice simbolista. Potrebbe essere un’allucinazione dell’austriaco Alfred Kubin ispirato da Edgar Allan Poe. O una concessione realista al nero come «agente dello spirito» dell’esoterico Odilon...

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