Visioni
Truman Capote, poeta visionario dell’America oscura
A teatro Gianluca Ferrato nella drammaturgia di Massimo Sgorbani, «Questa cosa chiamata amore», che ha riaperto il Niccolini di Firenze
Gianluca Ferrato – foto di Neri Oddo
A teatro Gianluca Ferrato nella drammaturgia di Massimo Sgorbani, «Questa cosa chiamata amore», che ha riaperto il Niccolini di Firenze
Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 20 febbraio 2016
Gabriele RizzaFIRENZE
Tirato su dalla zia Sook, dopo che la madre glielo aveva mollato per sposare Joe Capote, cubano bon vivant col vizio dell’azzardo, Truman era un bambino bellissimo, capelli d’oro e carnagione perfetta. Sarebbe morto nel 1984 grasso, paranoico, cocainomane, solo come un cane, un fiume di Vodka Martini. Lui, il mito letterario, lo scrittore «che scriveva le frasi più belle della nostra generazione» come disse Norman Mailer (che pure non lo amava), il cantore dell’America oscura (A sangue freddo), ruolo che avrebbe pagato a caro prezzo, e infine l’idolo dello star-system newyorkese («sono un fenomeno da baraccone, le persone sono...