Editoriale

Tsipras, il bello viene adesso

«Tutto considerato moriremo democristiani» è l’affermazione che negli ultimi giorni abbiamo tutti sentito, per commentare il risultato renziano, andato ben oltre le previsioni nel quadrante italiano delle elezioni europee; e […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 30 maggio 2014

«Tutto considerato moriremo democristiani» è l’affermazione che negli ultimi giorni abbiamo tutti sentito, per commentare il risultato renziano, andato ben oltre le previsioni nel quadrante italiano delle elezioni europee; e per affrontare il tema del passaggio di fase, del Gro, Grande Ritorno alle Origini. Per esprimersi contro una frase-sentenza tanto granitica da meritare una sigla, si usano soprattutto due argomenti: il primo è storico e consiste nel controbattere»; il secondo argomento è politologico e si materializza in una più (o meno) sofisticata analisi dei flussi elettorali. Al partito democratico sarebbero arrivati voti dal dissolto partito di Mario Monti, altri voti fuggiti via dal movimento di Beppe Grillo, altri ancora di astenuti nelle elezioni precedenti; non però dal campo berlusconiano se non in minima parte: tanto per dire che l’incremento non arriverebbe da destra, ma piuttosto dalle oscillazioni di un elettorato fluttuante, composto di persone disposte a cambiare opinione all’ultimo minuto, per motivi vuoi ideali, vuoi propagandistici. In sostanza il Pd sarebbe ormai un partito americano, simile in fondo a quello democratico di Obama e di Clinton. Che stesse attento il partito democratico a non fare possibili passi falsi, tanto da perdere il volubile consenso dei media. Consapevoli di un rapporto di 1 a 10 di fronte al Gran Partito Democratico, facendogli tanto di cappello, con il rispetto che è dovuto ai forti da parte di noi deboli, useremo qualche riga di Sbilanciamoci per la lista Tsipras. Occorre ricordare le due impervie cime che all’inizio della primavera essa aveva da scalare. La prima era la raccolta delle firme. Raccogliere obbligatoriamente 3.000 firme in Val d’Aosta (150 mila in Italia) per evitare che tutta la presenza elettorale fosse annullata è stato uno dei tanti episodi che denotavano impegno e bravura da un lato; dall’altro volontà truffaldina del Potere per sbarazzarsi di un avversario, «secondo legge». La seconda impresa «impossibile» era di arrampicarsi alla cima del 4% con le mani legate dietro la schiena. Per mani legate si intende ricordare che Tsipras era un nome poco noto e tale rimase nel corso della campagna elettorale. Ci si comportava come se fosse molto poco elegante farlo conoscere in giro, per esempio in quartieri periferici, come Tor Bella Monaca a Roma. Nonostante tutto, siamo arrivati in cima.

Ora occorre decidere le prossime mosse. Avere una rappresentanza italiana di sinistra al Parlamento europeo, – dove i fratelli di Tsipras e i cugini verdi non sono pochi – è davvero molto faticoso. Forse il gioco non vale la candela. Bisogna in primo luogo stare insieme, decidere insieme le alleanze e la politica, mantenere i contatti con elettori, partiti e movimenti in Europa e in Italia. Scegliere bene, aiutare elettori, partiti e movimenti a scegliere bene. Certo è difficile costruire insieme una politica di giustizia sociale e di libertà civile in Italia e in Europa, mettendo insieme operai senza lavoro, salari e redditi piccoli e grandi di chi lavora; e poi i vecchi, ricchi solo di fame e di malattie; e convincendo tutti quanti che «uniti si vince». Certo è difficile costruire giorno dopo giorno la pace ai confini dell’Europa, a Kiev, a Donetsk, infischiandosene del gas. Difficile strappare al mare, giorno dopo giorno, notte dopo notte gente venuta da fuori; e portarla a riva e curarla, come se fosse la nostra gente. Difficile accettare che i nostri giovani, le nostre giovani partano, cerchino in Europa la loro strada, imparino cose che noi neppure ci immaginiamo. Molto più facile, più comodo lasciar perdere l’Europa e tirarsene fuori.

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