Tsipras, un voto contro le larghe intese
Nel giorno del voto sono ancora molti quelli che non sanno che alla competizione elettorale partecipa anche qualche d’un altro oltre a Renzi Grillo e Berlusconi. Ignorano l’esistenza di altre […]
Nel giorno del voto sono ancora molti quelli che non sanno che alla competizione elettorale partecipa anche qualche d’un altro oltre a Renzi Grillo e Berlusconi. Ignorano l’esistenza di altre […]
Nel giorno del voto sono ancora molti quelli che non sanno che alla competizione elettorale partecipa anche qualche d’un altro oltre a Renzi Grillo e Berlusconi. Ignorano l’esistenza di altre liste e persino i nomi dei candidati in quelle dei tre contendenti che si spartiscono la scena. Mai la personalizzazione e l’affossamento del pluralismo da parte dei media era giunto a un simile livello di indecenza. Un pessimo segnale per la salute della nostra democrazia.
Anche solo per svergognare questo modo di intendere il principio della rappresentanza sancito dalla Costituzione varrebbe la pena votare la lista Tsipras. Oscurandola, si è cercato di tagliar fuori dal processo elettorale una fetta non irrilevante della società italiana: i tanti gruppi che esprimono quanto di vivo e solidale si muove sul territorio (tanti giovani che hanno ancora voglia di impegnarsi nella buona politica) e un drappello così importante dell’intellettualità italiana: Rodotà, Zagrebelski, Spinelli, Gallino, Camilleri, Petrini…
Questo modo di gestire la campagna elettorale serve peraltro a preparare l’opinione pubblica ad ingoiare la pessima legge elettorale preparata da Renzi per le elezioni politiche, quella che condanna chi non abbia raggiunto nientemeno che l’8% dei voti all’esclusione dal Parlamento, col rischio di ulteriormente approfondire il solco fra cittadini e istituzioni.
E tuttavia la lista Tsipras, se posso giudicare anche dalla mia esperienza di campagna elettorale, se l’è ingegnosamente cavata riuscendo a superare anche le difficoltà di una battaglia che non schierava fra i suoi candidati leader conosciuti ma per lo più militanti di movimenti di base.
E soprattutto – non era detto – riuscendo a unire sul terreno le diverse componenti dell’«altra Europa», un risultato per niente scontato, un buon segnale per il futuro. Di per sé già una vittoria.
Gli indecisi e i non informati sono ancora molti. Il sociologo Ilvo Diamanti ci dice che molti decideranno durante il tragitto fra casa e seggio. C’è dunque ancora qualche ora per reclutare elettori.
Penso ai non pochi compagni, pur militanti da una vita, che questa volta hanno deciso addirittura di non votare. Credono così di esprimere una protesta, e non si rendono conto che l’astensione verrà invece sommata all’ondata di Grillo, anziché opposizione una omologazione.
All’opposto ci sono invece quelli all’ultimo conquistati da un (falso) realismo, e che, spaventati dalla messa in scena elettorale, decidono di votare per il pur odiato Renzi, nel timore che il Pd sia sopravanzato dai grillini. Una vera scemenza, lasciatemelo dire. Perché i voti della lista Tsipras – se anziché di consegnare l’oscar a uno dei due capi popolo sta a cuore frenare il comico e riaprire la strada ad un almeno decente centrosinistra – si sommano a quelli del Pd. Nelle elezioni europee non c’è un premio di maggioranza per il partito che prende più voti e perciò conta lo schieramento, non le fortune di Matteo.
Il voto per Tsipras è anzi un modo per dare – in Italia – forza e colore al voto anti Grillo. In Europa per imporre a Schulz di scegliere l’alleanza con la sinistra anziché ricadere, come nel suo paese e da sempre a Bruxelles, nelle larghe intese. E cioè per impedire che si continui con la politica che ha condotto l’Europa fin dove siamo.
E poi, lasciatemelo dire: come ha scritto il manifesto, Tsipras è un anche un «antidepressivo». Per la nostra sinistra negli ultimi anni un po’ malconcia, riconoscersi in un leader che nel suo paese – il più sfigato d’Europa – ha un così grande successo, ribadito anche domenica scorsa alle elezioni amministrative, fa bene alla salute.
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