Cultura

Umberto Saba, quando i versi guardano l’abisso

Umberto Saba, quando i versi guardano l’abisso

POESIA Un libro dell’italianista Stefano Carrai ne percorre la biografia e le opere. A sessant’anni dalla morte, ripercorrendo il «clima» triestino tra Svevo e Joyce. Adesioni politiche indigeribili: tra misoginia e rivendicazioni di «italianità»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 6 aprile 2017
«O mio cuore dal nascere in due scisso/ quante pene durai per uno farne!/ Quante rose a nascondere un abisso!» Questa terzina di Umberto Saba (1883-1957) allude ad una lacerazione storica ed esistenziale che la forma classica della poesia può nominare e distanziare nella contraddittoria esperienza della felicità e della nevrosi, infine nella pratica di una bellezza che tuttavia occulta «l’abisso» personale e sociale. A QUESTE E AD ALTRE dimensioni della poesia (e della prosa) del grande poeta triestino, del quale quest’anno ricorre il sessantesimo della morte, è dedicata l’ampia e analitica monografia di Stefano Carrai, docente di Letteratura italiana...

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

Per continuare a leggere, crea un account gratuito
Hai già un account? Accedi