Cultura

Un museo verde e a cielo aperto

Un museo verde e a cielo apertoLa tomba di Cecilia Metella

PATRIMONIO Parla Simone Quilici, direttore del Parco archeologico dell’Appia Antica. «Nell’immediato futuro sarà necessario ripensare i servizi per i cittadini, con abbonamenti annuali. I pini non sono autoctoni, li ha piantati l’archeologo e architetto Canina: il paesaggio ha un valore culturale e non solo naturale»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 25 giugno 2020
L’Appia è tra i miti fondanti della cultura europea. I romani la concepirono dritta come una spada, per dare slancio alla marcia degli eserciti. La percorrevano i pellegrini medioevali. Nel Rinascimento, Raffaello e Pirro Ligorio misuravano il classicismo nei suoi monumenti; i viaggiatori del Grand Tour vi cercavano invece se stessi, nel Settecento. Sugli antichi basolati nacque il primo museo a cielo aperto d’Italia: era il 1851 quando Luigi Canina creò setti murari nei quali incastonò fregi, iscrizioni e cornicioni, quasi fossero pannelli espositivi. Il piano regolatore del 1931 la dichiarò zona di rispetto – il che non vuol dire...

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