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Un’ostinata razionalità per non essere trascinati nella «questione criminale»
Giustizia Nessuno, giudice o custode, ha nella propria disponibilità la dignità e i diritti fondamentali delle persone arrestate o detenute. Ci disse un capo dell’amministrazione penitenziaria: «La tortura sta nel terzo mondo». Poi ci furono: carcere di Sassari e Global Forum di Napoli, scuola Diaz e Bolzaneto... e tanti fatti di «cronaca»
Giustizia Nessuno, giudice o custode, ha nella propria disponibilità la dignità e i diritti fondamentali delle persone arrestate o detenute. Ci disse un capo dell’amministrazione penitenziaria: «La tortura sta nel terzo mondo». Poi ci furono: carcere di Sassari e Global Forum di Napoli, scuola Diaz e Bolzaneto... e tanti fatti di «cronaca»
Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 17 febbraio 2021
Ha ancora senso, dopo trent’anni, interrogarsi sull’intuizione che si ebbe nel 1991 quando si decise di dar vita a un’associazione volta alla tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale. Quel che è accaduto negli ultimi tre decenni ci racconta di quanto quell’intuizione sia servita a controbilanciare la progressiva esondazione delle politiche criminali e, più genericamente, repressive. I numeri della popolazione detenuta sono un indice di questa presenza ingombrante: se nel ‘91 i detenuti erano poco più di 30 mila, oggi – nonostante le scarcerazioni dovute all’emergenza pandemica in corso – sono oltre 53 mila, avendo nell’arco del trentennio...