A Campo Felice, Bernal campa felice in maglia rosa
Contagiro, tappa 5 Da Castel di Sangro a Campo Felice
Contagiro, tappa 5 Da Castel di Sangro a Campo Felice
Da Castel di Sangro a Campo Felice si ricomincia la risalita verso nord, seguendo una via tutt’altro che diritta. Su e giù per l’Appennino dell’Abruzzo si inizia, se non a far sul serio, almeno a capire chi sta bene, chi sta male e chi sta così e così.
Si scalano Passo Godi, Forca Caruso e Ovindoli prima dell’arrivo in cima ad uno strappo irregolare e per metà sterrato, anche se il pianoro che inframezza le ultime due ascese sconsiglia imprese di lunga gittata.
Le corse ed i percorsi non sono più quelli di cent’anni fa, quando il grande Girardengo, transitando di quassù, scese dalla bici, disegnò una X sulla strada impolverata, si sedette in cima a un paracarro e disse basta con lo sport che lo aveva reso una leggenda.
Quassù si arrivò spesso a metà degli anni ‘60, gli anni di Adorni, Motta e Gimondi, senza che grandi sconquassi venissero creati. Almeno lì per lì, perché a cose fatte si cominciò a scoprire il doping, diversi nomi eccellenti finirono declassati a fine corsa perché positivi. Tutti negativi invece i protagonisti di quest’anno ai tamponi per il covid: la bolla regge.
La battaglia comincia già lungo l’ascesa del primo colle: tutti vogliono andare in fuga, il rischio è che la corsa diventi incontrollabile, tanto più che in una fuga di massa entra anche il nostro Caruso, primo italiano in classifica e cliente tosto; e quindi i big da dietro non concedono la tregua.
Aleggia proprio in questi luoghi il fantasma della fuga bidone, che premiò Clerici nel ’54 e stravolse la corsa nel 2010. Ma la fuga è frenata, oltre che dalla rincorsa del gruppo, dalla terrificante caduta di Mohoric nella discesa successiva, che consiglia ai superstiti prudenza. La situazione si stabilizza solo a metà percorso, quando davanti rimane un drappello di gente non pericolosa, e dietro il gruppo tira un po’ il fiato in vista delle ultime salite.
Verso Ovindoli si avvantaggiano sulla fuga Bouchard e Carr, in gruppo le squadre dei big limano un po’ lo svantaggio. Più sul serio fanno i neri di Bernal sugli ultimi strappi, mentre davanti si rincorrono, ultimi reduci tra la nebbia e le lingue di neve, Bouchard e Bouwman.
Sullo sterrato finale Bernal ringrazia i suoi e se ne va, il collo storto sul manubrio, pare che dia gas ad una moto. Gli resiste Ciccone, enfant du pays, ma quando la pendenza si inasprisce ulteriormente il colombiano sgomma, lo pianta e trionfa a braccia alzate conquistando anche la maglia rosa, tra i tifosi giunti fin quassù per lui. Lo inseguono a una manciata di secondi Evenepoel, Vlasov e Ciccone, forse saranno loro a darsi battaglia fino in fondo.
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