Addio Gigi Radice, rivoluzionario che riportò lo scudetto al Torino
Sport Morto a 83 anni il grande allenatore che consegnò ai granata un nuovo titolo dopo Superga. Allenò tra le altre formazioni Milan, Bari, Bologna, Roma Fiorentina
Sport Morto a 83 anni il grande allenatore che consegnò ai granata un nuovo titolo dopo Superga. Allenò tra le altre formazioni Milan, Bari, Bologna, Roma Fiorentina
E’ morto Gigi Radice, unico allenatore in grado di fare tonare grande il Torino dopo il Grande Torino, vincendo uno scudetto. Erano gli anni dei grandi cambiamenti, nelle strade e nei campi di calcio, e quest’uomo dagli occhi di ghiaccio, con il viso da protagonista di uno Spaghetti Western, abbracciò la rivoluzione. Il suo Torino negli anni Settanta giocava con il pressing alto e ambiva al calcio totale, con i terzini “olandesi”, il “poeta” Claudio Sala e il gioco estroso di Renato Zaccarelli ed Eraldo Pecci, prima di finalizzare con i “gemelli del gol” Paolo Pulici e Ciccio Graziani. Brianzolo di nascita, milanista di educazione calcistica e sentimentale, Radice proprio con il Milan comincia a giocare nelle giovanili prima di tornarci da calciatore, dove vince tre scudetti e, soprattutto, la prima Coppa dei Campioni per una squadra italiana.
POI COMINCIA ad allenare. Una breve gavetta, Cagliari e Fiorentina, dove tornerà più maturo, e subito il capolavoro con il Toro: un romanzo popolare popolato di grandi protagonisti e mirabolanti personaggi secondari, come il mitologico Ramsey, operaio massa che dopo una settimana di studio matto e disperatissimo il sabato si presentava dal tecnico con il foglietto con la formazione. E molti raccontano che Radice, dopo una titubanza iniziale, avesse cominciato a dargli retta. Ma i bei tempi non sono mai esistiti e così, sfiorati e mai vinti altri titoli con il Toro, il tecnico continua a proporre il suo gioco olandese anche negli anni del riflusso, del Totonero e delle televisioni private. Va a Bari, Bologna, Roma e ritorna al Milan.
SFIORATO un altro scudetto con l’Inter negli anni Ottanta, è in procinto di realizzare il secondo capolavoro alla Fiorentina nei Novanta, con Batistuta, Laudrup, Flachi, Robbiati. E invece arriva l’esonero, con l’indimenticabile litigata allo stadio con Cecchi Gori che la sera lo licenzia in diretta al Processo del Lunedì, in un tourbillon di accuse, gossip e parricidi. E’ morto un uomo di calcio intelligente, che studiava, leggeva e s’informava sui mutamenti sociali in corso per interagire con loro sul campo. Una persona che, parafrasando Mourinho, sapeva molto di calcio proprio perché non sapeva solo di calcio.
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