Alexander Calder, «Assembled Bits of Wood», 1935, New York, Calder Foundation
Alias Domenica
Alexander Calder, il circolo magico su basi circolari
Al Masi di Lugano Gli universi amati e perduti di Alexander Calder, presenza di invisibili morti, rimpianti. Strette le relazioni formali con una cultura millenaria. L’allestimento asseconda bene lo «sculpting time» tra 1930 e 1960, l’eterno dialogo tra «sphériques» e «constellations», «stabiles» e «mobiles»
Pubblicato 5 mesi faEdizione del 23 giugno 2024
Non sono certamente pochi quelli che hanno avuto, all’improvviso, «apparizioni» di opere di Calder, nelle grandi città che le ospitano o le hanno ospitate in occasioni di mostre. Tra le tante, credo siano tre quelle che hanno colpito maggiormente il viaggiatore, soprattutto di notte. La prima è il nero Teodolapio, che sbuca, magico ed evocatore nei suoi diciotto metri di altezza, davanti alla stazione ferroviaria, prima di salire verso il vecchio borgo di Spoleto. La seconda è Flamingo, che grandeggia, nei suoi sedici metri, in completa solitudine, riflesso nelle vetrine dei grattacieli che lo fiancheggiano, carico di energia, tesa macchina...