Alias Domenica
Bandito Cavallero, un’antropologia nera di Giorgio Bocca
«Il bandito Cavallero»: Feltrinelli ripropone una fortunata "cronaca" del 1968 Il bovarismo politico della banda Cavallero era, per il giornalista piemontese, un esempio di come la Resistenza «tradita» potesse dare luogo a sanguinosi e conformistici naufragi morali
Gian Maria Volonté come Piero Cavallero nel film di Carlo Lizzani «Banditi a Milano», 1968
«Il bandito Cavallero»: Feltrinelli ripropone una fortunata "cronaca" del 1968 Il bovarismo politico della banda Cavallero era, per il giornalista piemontese, un esempio di come la Resistenza «tradita» potesse dare luogo a sanguinosi e conformistici naufragi morali
Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 21 febbraio 2016
Le immagini televisive, allora un biancoenero nebbioso e sgranato, rimandavano una folla in tumulto, gente che urlava cercando di forzare gli sbarramenti della polizia, ma da quell’epicentro, un gorgo strinato dai flash, ecco il volto di un uomo magro, la giacca stazzonata e la barba di tre giorni, un ghigno indecifrabile che si sarebbe detto di soddisfazione. È questa la prima immagine di Piero Cavallero che arrivò col telegiornale della sera il 3 ottobre del 1967, il volto di un rapinatore (da mesi, coi suoi complici, egli era il bandito per eccellenza, circonfuso dal solenne privilegio dell’anonimato) reduce con la...