La premessa “io non sono anti semita, ho spesso partecipato al ricordo della deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma…”è fortissima. Se poi ci aggiungessi “ho molti amici ebrei” somiglierebbe pericolosamente alla premessa che fanno in genere le persone razziste o omofobe che però aggiungono sempre, ad un certo punto del discorso un “ma”.
Solo che questa volta non c’è alcun “ma”. Sono stato allo Yad Vashem dove ho potuto constatare cosa avesse significato il male assoluto. La mia giovinezza è stata segnata dalla lettura di Primo Levi, dalla canzone Auschwitz di Guccini (si anche le canzoni, nel loro piccolo possono veicolare messaggi potenti). Per cui non ho alcuna difficoltà ad ammettere che la Shoah è stato il male assoluto, anche per il popolo rom e per omosessuali e oppositori politici.
Detto questo non si capisce perché sia così difficile ammettere che quello che sta avvenendo in Palestina è disumano e la Storia ci chiederà conto della nostra ignavia.
Persino gli Stati Uniti hanno avuto un, impercettibile, tentennamento e noi invece ancora alla ricerca di alchimie sintattiche che ci permettano di difenderci dall’accusa di antisemitismo. Antisemitismo che, diciamolo pure, rappresenta un grossissimo problema e va combattuto, ma, al tempo stesso a cui non apparteniamo noi che cerchiamo di vedere le cose da diverse angolazioni e rispettando tutti gli attori di questo dramma
Riconosco che i massacri del 7 ottobre sono stati di una ferocia inaudita senza alcuna difficoltà ma se non si racconta pure, come ha fatto Guterres, il livello di compressione dei diritti e di negazione della dignità umana a cui sono stati sottoposti i palestinesi, non si capisce da dove venga quel male del 7 ottobre. E non significa giustificare quei massacri ma solo collocare le cose nel loro ordine di causa - effetto.
In fondo è un po’ la stessa operazione che si sta facendo con le Foibe. Raccontare solo un pezzo della storia. Quello che ci vede come vittime, omettendo quello che ci vedeva in veste di carnefici.
Quel che ne è seguito travalica di gran lunga anche il desiderio di vendetta e forse rivela le vere intenzioni di Israele di cancellare del tutto la popolazione di Palestina da quelle terre.
E non mi riferisco solo ai manipolatori della realtà di professione (quelli delle foibe appunto) ma anche a persone di indubbio spessore morale e umano che proprio non ce la fanno a prendere le distanze da quello che sta facendo lo Stato di Israele. Quando sento la professoressa Donatella Di Cesare, che stimo tantissimo e solitamente trovo molto acuta nelle sue analisi, disquisire se Ghali potesse usare, in punta di diritto, la parola “genocidio” sorvolando sulla sostanza delle cose, rimango basito.
Che solo il Sudafrica si sia accorto della cosa, forse per aver sviluppato degli anticorpi contro l’apartheid per ragioni storiche, mentre tutto l’Occidente balbetta ed è in preda all’imbarazzo nel vedere che quella che definivano “l’unica democrazia del medio oriente” si comporti così, è davvero incredibile.
In questa epoca dominata dal testosterone di chi si misura a brutto muso e cerca di piegare i fatti con la propria propaganda mi viene di pensare che l’unica via di uscita sia quel “restiamo umani” di Vittorio Arrigoni.