Alias Domenica

Clarice Lispector, divoratrice di interdetti

Clarice Lispector, divoratrice di interdettiAntonio Soares, «Natacha», 1928

Narrativa di lingua portoghese In «Acqua Viva», ritradotto da Adelphi, Clarice Lispector inventa un «Io-femmina», che invia per lettera le sue stralunate prede linguistico-esistenziali a un «Tu», suo passato amante

Pare che, quando nel 1973 doveva consegnare al suo editore Acqua Viva (da noi appena uscito per Adelphi nella nuova traduzione di Roberto Francavilla, pp. 95, euro 14,00), Clarice Lispector abbia esitato. Un’insicurezza strana per lei che aveva sempre scritto e pubblicato molto (era anche giornalista e traduttrice), con il favore pressoché unanime della critica. Di famiglia ebrea, nata in Ucraina nel 1920 ma cresciuta in Brasile, dove muore nel 1977, Lispector aveva infatti esordito nel 1943, poco più che ventenne, con l’acclamatissimo Vicino al Cuore Selvaggio. I suoi libri non erano mai risultati di facile collocazione nel panorama letterario...

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