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Dumoulin, il vincitore senza soprannome

Dumoulin, il vincitore senza soprannomeTom Dumoulin festeggia il podio nella prima tappa – LaPresse

Contagiro 2018/Tappa 1 La corsa, sulla strada, ricomincia da dov’era finita un anno fa, con l'olandese che si veste di rosa dopo dieci km scarsi di cronometro

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 maggio 2018

Parte per la prima volta fuori dall’Europa, questo Giro d’Italia edizione centoeuno. Attendato a Gerusalemme, al riparo di quella che Eyal Weizmann chiama per la Palestina «architettura dell’occupazione», il Barnum del ciclismo omaggia il nome di Bartali, scolpito tra i giusti delle nazioni nello Yad Vashem. La propaganda è tutta sulla «sicurezza». Di chi, non si specifica.

L’entusiasmo della gente per le strade copre il rumore della guerra prossima ventura, nei paraggi, a distanza di una semi-tappa. Qui si resta per tre giorni, prima di riguadagnare la Sicilia e da lì risalire lo stivale, con rari ammiccamenti, rispetto al passato, alla memoria della corsa. Ci sarebbe un altro macigno, sportivo, duro da rimuovere.

La presenza di Froome, favorito alla vigilia, sulla cui testa pende la mannaia dell’antidoping. Beccato positivo per un’asma curata con eccesso di solerzia (che ne soffra è certificato), al verdetto si arriverà a babbo morto, dopo che l’epilogo romano avrà suggellato il vincitore. A parità di sostanza incriminata, altri hanno pagato più sommariamente: questione di avvocati meglio o peggio remunerati, e di scritte più o meno pesanti che griffano le squadre. Sarà come dice lui, che è qui ad apparecchiare la maggiore delle imprese del ciclismo, il trionfo in Italia e Francia in pochi mesi. O sarà che teme di non poterci andare, in Francia, e proviamo intanto a mettere qualcosa nel carniere?

Tra gli avversari più quotati, Aru (bentornato) fa spallucce, mentre Dumoulin non attende le montagne per dare il primo affondo: «Fossi in lui non mi sarei presentato». Gli organizzatori minimizzano, rassicurati dalla federazione internazionale e presi dalla legittima ambizione di vedere i big schierati alla partenza. Orfani come siamo di Nibali, a casa per preparare il Tour ed il Mondiale, a dar battaglia a Froome e allo squadrone Sky (ma il Giro è affare di navi corsare, non di pesanti corazzate) ci saranno poi Pinot, francese d’Italia in grande spolvero, e i colombiani Lopez e Chaves. Nelle volate è chiamato far mambassa il nostro olimpionico Viviani.

La corsa, sulla strada, ricomincia da dov’era finita un anno fa, con Dumoulin che si veste di rosa dopo dieci km scarsi di cronometro, e gli avversari suoi più accreditati in ritardo di un mezzo minuto. Compreso Froome, che cade durante la ricognizione, e corre quindi con circospezione mista a un po’ di nervosismo. Il nuovo (vecchio) leader fa sapere di non gradire il soprannome che gli avevano appioppato, la farfalla. Ed è un peccato.

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