Editoriale

Editoria, non servono tagli ma una vera riforma

Editoria, non servono tagli ma una vera riformaAndrea Martella a un convegno del settembre 2019 – Valerio Portelli/LaPresse

Il sottosegretario scrive al manifesto Dopo le critiche sulla legge di bilancio una risposta al nostro Vincenzo Vita (e a tanti lettori): "I tagli disposti da Crimi non sono operativi, entro l'anno vareremo una riforma che tutela il pluralismo"

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 24 dicembre 2020

Caro Vita,

se il tema non fosse molto serio e importante inizierei con una battuta, per dire che ci sarebbe una certa ironia della sorte se il tuo riferimento finale (vedi l’articolo di Vincenzo Vita sul manifesto del 23 dicembre 2020, ndr) fosse non all’ormai storico film con Meg Ryan ma alla nota trasmissione di Mediaset.

E comunque, visto che «C’è posta per me», rispondo volentieri alle sollecitazioni che vengono dalla tua lettera, ringraziando il manifesto per l’opportunità di fare un po’ di chiarezza.

Lo so, in genere è facile che si finisca per guardare sempre e solo all’ultimo miglio. Vorrei però ricordare e ribadire che in questi quindici mesi di governo – cosa, come sai bene, niente affatto scontata – non un solo euro è stato sottratto all’editoria. Anzi, abbiamo incrementato significativamente le risorse con le misure adottate sia nelle leggi di bilancio che con i vari decreti legati all’emergenza Covid.

Ripeto: sembra una premessa scontata, ma non lo è. Per tante ragioni.

I tagli previsti dalla «norma Crimi» a tutt’oggi non sono mai diventati operativi.

Prima, grazie alla norma di differimento contenuta nella Legge di bilancio 2020 e poi con il successivo Milleproroghe, tutelando in questo modo la continuità delle imprese editoriali e scongiurando un ridimensionamento che sarebbe andato inevitabilmente a danno del pluralismo e della libertà d’informazione.

Arriviamo quindi alla fine di quest’anno.

Con una norma approvata in sede di conversione del decreto «Ristori», si è disposta l’applicazione per l’annualità di contribuzione 2021 del regime speciale che era stato introdotto per la precedente annualità dal decreto «Agosto», al fine di neutralizzare gli effetti negativi della pandemia.
Questo perché il governo, avendo piena consapevolezza di quanto abbia pesato la pandemia sull’anno di contribuzione 2020, per sostenere il settore, aveva già previsto il riconoscimento di requisiti agevolati per l’accesso al contributo, ammesso modalità semplificate di rendicontazione dei costi e, infine, introdotto una clausola di salvaguardia sull’importo del contributo che ne fissava il minimo al livello del contributo spettante per l’annualità precedente.

Oggi, l’effetto combinato delle due norme è quello di assicurare alle imprese editoriali l’erogazione, per ciascuna delle annualità di contribuzione 2020 e 2021, di un contributo non inferiore nell’importo a quello già percepito per l’annualità di contribuzione 2019.

Considerato che i contributi vengono erogati alle imprese nell’anno successivo a quello di competenza, in termini di erogazione dei finanziamenti alle imprese la nuova misura garantisce, di fatto, il mantenimento inalterato dell’attuale livello di erogazione dei contributi fino al 31 dicembre 2022.

Ora, non mi sfuggono certo le difficoltà gestionali di sistema evidenziate nella tua riflessione, al tempo stesso voglio però sottolineare, ancora e ancora, che senza questo governo quei tagli sarebbero stati già operativi. E invece no.

Per questo la mia premessa non era scontata e diventa anzi dirimente. Lo è anche perché non abbiamo lavorato solo sotto dettatura dell’emergenza. Abbiamo anche cercato, infatti, di costruire parallelamente una prospettiva al settore nel suo complesso, dando stabilità ad alcune misure come il credito di imposta per la pubblicità e per i servizi digitali, che rappresentano leve molto importanti.

Abbiamo rafforzato e ampliato il «tax credit» per le edicole, estendendolo anche ai distributori. Abbiamo previsto il rifinanziamento degli strumenti per la ristrutturazione delle imprese editoriali e il turnover generazionale, e, infine, introdotto misure per accompagnare il riequilibrio finanziario dell’Inpgi, a tutela dell’autonomia della professione giornalistica.

Allo stesso modo, abbiamo prestato attenzione sul lato della domanda.

E’ pronto il bando per la promozione della lettura di quotidiani, riviste e periodici nelle scuole, che vale 20 milioni di euro, e con la misura nella Legge di Bilancio 2021, che vale 25 milioni di euro, si prevedono sostegni per abbonamenti digitali e cartacei per le famiglie a basso reddito.

A tutto questo va aggiunto l’impegno affinché proprio il principio della libertà di stampa e del pluralismo sia da cornice per finanziare progetti di modernizzazione e rilancio nell’ambito del «Recovery fund».

Mi rendo conto che la data del 2022, per chi opera nel settore, è già «domani», è già dietro l’angolo. È per questo che il governo è al lavoro per formulare una proposta di riforma della contribuzione diretta all’editoria che superi definitivamente la prospettiva dei tagli, introduca elementi innovativi, e dia certezze a questo fondamentale segmento dell’informazione, garantendo alle imprese editoriali un quadro normativo e finanziario stabile, a tutela del pluralismo.

Non so se tutto questo configuri un «ravvedimento operoso», però sono certo che, grazie al confronto, riusciremo a trovare un giusto punto di equilibrio su un tema che riguarda direttamente la qualità della nostra democrazia.

Andrea Martella è Sottosegretario di Stato con delega all’Editoria e all’Informazione

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