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Europa, perché non dobbiamo dirci sconfitti

Europa, perché non dobbiamo dirci sconfitti – LaPresse

1957-2017 L’Unione europea attuale ha molto poco a che vedere con quella che (sotto un altro nome) i Trattati di Roma avevano solennemente fondato sessant’anni fa. La geografia, la storia e l’orizzonte politico sono stati sconvolti dalla fine della guerra fredda e dalla delegittimazione dell’idea socialista sotto tutte le sue forme che ne è derivata. L’obiettivo di una «unione senza sosta più stretta tra i popoli europei» ha ceduto il posto de facto a un sistema di integrazione «a varie velocità» o addirittura, in alcuni paesi messi sotto tutela, a pratiche neocoloniali

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 26 marzo 2017
A sessant’anni dal trattato «fondatore», l’Unione europea è ben lungi dalla stabilità, dalla legittimità, dallo sviluppo concertato che, solo qualche anno fa, ci avevano garantito i suoi dirigenti. Alla vigilia dei negoziati della Brexit, che è stata un campanello d’allarme sull’impopolarità del «progetto europeo», sembra al contrario che questo sia entrato in una crisi irreversibile e la sua stessa esistenza sia messa in questione. Senza dubbio, bisogna avere la mente lucida sul «catastrofismo» oggi diffuso. Resta però un’accumulazione di ostacoli e di contro-performance la cui coincidenza non dipende dal caso. Li enumeriamo senza pretesa di esaustività: persistente fragilità dell’euro e...

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