Gimondi accoglie il gruppo a casa sua
Contagiro Quindicesima tappa
Contagiro Quindicesima tappa
Non esistono risposte giuste a domande sbagliate. Quanto avrebbe vinto Gimondi se una tempesta d’atomi cattiva – o la divina provvidenza, fa lo stesso – non gli avesse scaraventato quello lì tra i piedi non lo si può sapere, e non sarebbe neanche giusto chiederselo. Quello lì è Merckx, per Gimondi «il più grande sportivo di tutti i tempi, più di Alì, più di Pelè».
Eddy ricambia, perché senza Felice, dice, «mi sarei divertito meno».
Il fatto è che ogni vittoria di Gimondi vale doppio, perché è vittoria contro Merckx. E sono tante, tra tutte il mondiale a Barcellona, conquistato sulle rovine di una guerra civile in casa belga. Più il Tour del ’65, quando quello lì ancora aveva da arrivare a far mambassa. Più il Giro del ’76, quando il cannibale aveva già fatto indigestione di vittorie, con quell’ultima tappa vinta a Bergamo, casa sua.
A Bergamo il gruppo ci è arrivato anche domenica pomeriggio, al termine di un volo che più d’uno, già in corsa, a gesti, e poi all’arrivo, a parole, ha definito matto.
I cacciatori di fughe avevano messo la tappa di oggi nel mirino. I big della classifica avrebbero volentieri soprasseduto, memori di ieri, e col pensiero al Mortirolo e al doppio Stelvio in programma oggi. Ma troppe squadre sono rimaste in due settimane a bocca asciutta, e via via che i corridori di una di queste mettevano la testa al vento, dietro si scatenava la rincorsa delle colleghe di sventura, ansiose di cogliere l’ultima occasione.
Il risultato è che i tentativi di sortita si annullano l’un l’altro, e si arriva ai piedi della prima salita di giornata quasi senza accorgersene e a ranghi più o meno compatti, a parte un piccolo manipolo col destino già segnato.
Gli unici momenti di respiro in tutta la giornata si hanno nella discesa successiva, quando Quintana sdrucciola sulla ghiaia e tocca a Doumulin, sempre più a suo agio coi gradi di generale, fare il bel gesto di fermare il plotone e aspettare che l’avversario rientri.
Poi si riparte, si sale e si scende il Selvino in fretta e furia, con una folla impressionante abbarbicata sui tornanti, e si aspetta che su per la città alta si scateni la battaglia. Il primo a partire è Jungels, sull’acciottolato lo insegue Nibali e dietro tutta la compagnia dei migliori.
Il lussemburghese ne ha però ancora, e la seconda sparata è quella buona per portare a casa il trionfo di giornata.
Sul podio lo aspetta Gimondi per premiarlo, ma in disparte, per non rubargli la scena. Il suo mestiere era rubarla a quello lì.
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