Alias Domenica
Giorgio Vigolo, antimoderno sotto le nuvole in fermento
Novecento italiano Una maniera velenosa di raffigurare l’amata Roma e il reale tutto: da Le Lettere un’opportuna antologia «Poesie 1923-1982», a cura di Andrea Gialloreto
Mario Mafai (attr.), «Roma, Foro Romano», 1935, ex collezione Enrico Galluppi, Pesaro, Musei Civici
Novecento italiano Una maniera velenosa di raffigurare l’amata Roma e il reale tutto: da Le Lettere un’opportuna antologia «Poesie 1923-1982», a cura di Andrea Gialloreto
Pubblicato 11 mesi faEdizione del 31 dicembre 2023
«Oggi farò quel che vorrà la luce» scriveva in un memorabile endecasillabo Giorgio Vigolo, figura che ancora aspetta una giusta rivalutazione critica a quarant’anni dalla morte. L’autore romano si può considerare un raffinatissimo poligrafo, in virtù di un’attività variegata derivante da una gamma di interessi vasti che lo videro di volta in volta misurarsi con la scrittura in qualità di poeta, prosatore, musicologo, critico, traduttore. Sempre con risultati ragguardevoli, tant’è che non si sa se preferirlo in veste di cantore di rapsodie pervase di un classicismo febbrile e visionario, o come prosatore dall’elegante incedere che soltanto un decennio fa Bompiani...