IL NOSTRO GIORNALE
E' l'inizio di un quotidiano nuovo: il manifesto È la fine di un incubo. Di una spada di Damocle. Della paura di essere comprati. O venduti. È la fine della liquidazione coatta amministrativa
E' l'inizio di un quotidiano nuovo: il manifesto È la fine di un incubo. Di una spada di Damocle. Della paura di essere comprati. O venduti. È la fine della liquidazione coatta amministrativa
La notizia è semplice, straordinaria, emozionante: siamo tornati padroni del manifesto.
Del resto sul finire dello scorso aprile, in occasione dei nostri 45 anni di vita, abbiamo realizzato un supplemento narrativo sulla storia del giornale: «Padroni dello spazio». Lettrici e lettori hanno condiviso in tanti gli articoli pubblicati, qualcuno chiedendo che cosa volesse dire quel titolo strano. La risposta era ed è: noi siamo padroni dello spazio che ci appartiene.
E adesso lo siamo davvero: con orgoglio – condiviso da tutta la redazione – posso annunciare che la cooperativa del manifesto è ri-diventata proprietaria al cento per cento del giornale.
Non posso nascondere che arriviamo a questo piccolo evento «familiare» stanchi ed estenuati. Perché, come sa bene chi ci segue, il cammino è stato duro, pieno di ostacoli, faticoso, venato a momenti da un forte pessimismo.
Siamo stati inseguiti ogni giorno dalla spada di Damocle, quella che la leggenda legava a un sottile crine di cavallo e che nella nostra realtà rappresentava la minaccia di essere colpiti e venduti al miglior offerente. È la fine, è la fine… .
Sì, è la fine davvero. Ma della liquidazione coatta amministrativa. Sì, è la fine ma del piccolo inferno in cui abbiamo vissuto in questi ultimi tre anni e mezzo. Ed è l’inizio di una nuova storia del manifesto.
Il periodo più difficile lo abbiano attraversato al momento della lacerazione interna, quando la maggioranza della redazione si espresse per continuare a lottare affinché il giornale non venisse venduto, liquidato, senza neanche tentare la ricerca di un’alternativa.
Abbiamo tenuto la barra dritta, convinti di voler dare un futuro a un’avventura iniziata nel 1971.
Non nascondo che per me e la redazione, quella scelta è stata vissuta in modo traumatico, al punto di pensare di mollare il timone e lasciare andare la barca del manifesto a frangersi su scogli totalmente distruttivi. Eppure, a ripensarci oggi, a mente fredda, proprio in quei giorni drammatici abbiamo trovato la forza per andare avanti.
Da allora è iniziata la nuova «lunga marcia» della cooperativa, che aveva un duplice scopo: salvare la testata dalla liquidazione coatta e, successivamente, acquistarla.
I due obiettivi sono stati raggiunti. Per arrivare alla meta abbiamo tenuto in vita e in buona salute il giornale e, contemporaneamente, abbiamo attivato una campagna di finanziamento.
Adesso possiamo guardare al futuro con ottimismo, anche se moderato.
Quando si realizza un’impresa, i fattori propulsivi possono essere molti e diversi. Nel nostro caso sono stati importanti soprattutto due, il cuore e l’impegno.
Il primo perché amiamo il nostro giornale: senza questo sentimento, molto forte nonostante le tante crisi, personali e di gruppo, non avremmo potuto farcela. E a questo sentimento e impegno abbiamo sempre associato la forza del lascito dei fondatori, Luigi Pintor e Rossana Rossanda.
Il secondo è stato l’impegno collettivo: dai più anziani ai più giovani, tutti hanno accettato la sfida, quasi impossibile, consapevoli che senza lavorare sodo, a testa bassa, non avremmo potuto farcela.
Di questo sono grata a tutti, dal condirettore Tommaso Di Francesco al Consiglio di amministrazione, all’intero collettivo redazionale, poligrafico, amministrativo. Senza questo «equipaggio» – motivato e appassionato – sarebbe stata una battaglia inutile.
Ma c’è un altro fattore, non inferiore agli altri, che è stato fondamentale: il vostro sostegno.
Dopo una vita passata dentro questa redazione, ho capito che le lettrici e i lettori del manifesto sono di un’altra specie. Rara. Perché leggono, perché criticano, perché propongono, e perché nelle fasi più complicate, non ci lasciano soli. E a loro va il nostro ringraziamento e il nostro affetto per averci sostenuto, compiendo anche sacrifici economici non indifferenti per chi vive di lavoro e di pensione.
E qui arriviamo all’ultimo fattore: i soldi. Come spiegano bene gli articoli di Matteo Bartocci e di Benedetto Vecchi. Ci siamo improvvisati imprenditori di noi stessi, restando fedeli alla forma che da 45 anni rappresenta una felice anomalia italiana: una testata nazionale autogestita da una cooperativa pura, trasparente.
Ora che siamo nuovamente padroni del nostro lavoro, possiamo progettare il domani con maggiore serenità. E abbiamo tante idee che vogliamo realizzare dal prossimo autunno. Ma essere proprietari non risolve il problema dei bilanci e, soprattutto, non è un argine nei confronti della discesa del numero delle copie vendute.
Saremmo falsi e ipocriti se dicessimo che va tutto bene. Perché non è così: la crisi dei giornali è acuta e si aggraverà sempre di più. Mal comune in questo caso non prevede il gaudio di nessuno. L’edicola soffre e le entrate del digitale, sebbene in crescita, non possono risollevare il settore.
Noi del manifesto abbiamo un sito francescano, di contenuti, senza un euro di pubblicità, una scelta che paghiamo, con la lettura gratuita di molti articoli on line, esposti al «pirataggio» del giornale di carta.
Fermare la crisi dei quotidiani stampati non si può, tuttavia possiamo arginarla. Purché si sia consapevoli del fatto che leggere un giornale come il manifesto è in primo luogo un’azione, una scelta politica, e che la lettura di un quotidiano è l’unico strumento per non farsi risucchiare dalla deriva dei social network, sicuramente utili ma al tempo stesso finti, perché surrogano la partecipazione con i «mi piace» e le condivisioni.
Un fatto è ormai chiaro, come sostengono molti studiosi: con i social network si sta modificando il concetto stesso di democrazia. Ed è su questo crinale politico-informativo che siamo chiamati a lavorare e confrontarci ogni giorno nella nostra casa di carta e nel nostro paese, dentro una crescente difficoltà della sinistra di ritrovare le ragioni di una presenza politica forte, unitaria e plurale, nello scenario italiano e internazionale.
Per dare un futuro alla storia e alla cultura che ci sentiamo di rappresentare abbiamo bisogno di voi tutti. Per questo rilanceremo una forte campagna di abbonamenti (la primaria assicurazione sulla vita di questa cooperativa) e in cambio cercheremo di darvi il meglio del nostro lavoro.
Naturalmente, accanto al lavoro e al panem vogliamo vivere appieno la festa, quella che abbiamo intenzione di organizzare alla ripresa autunnale. Una grande festa per brindare alla nuova impresa e con un giornale graficamente rinnovato.
Con noi ad alzare il calice vorremmo in prima fila Luciana Castellina e Valentino Parlato.
Care lettrici e cari lettori, siete tutti invitati, sarete voi i nostri ospiti d’onore.
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