Ieri, scorrendo Instagram, account eye.on.palestine, ho visto un altro bianco. Il bianco di una bandiera tenuta in mano da una signora palestinese, che con altri palestinesi, armati di valige e zaini, percorrevano una strada, presumibilmente per cercare una zona sicura. Era una signora vestita di nero, robusta, incarnava perfettamente lo stereotipo dell’araba, il nostro stereotipo. Forse anche quello degli Israeliani per i quali una donna araba gazawa (ma a vedere i tanti filmati su eye.on.palestine anche le donne palestinesi della Cisgiordania occupata), che imbraccia una bandiera bianca è da ritenersi pericolosa, una terrorista. Perchè così deve averla ritenuta il cecchino israeliano che le ha sparato e l’ha uccisa, in una strada qualsiasi, ieri a Gaza. Uccisa come chi racconta quello che sta avvenendo a Gaza e cioè i giornalisti, Israele ne ha uccisi 103 in tre mesi, tutti terroristi!
Ecco, domenica mattina, mi sono imbattuta anche in una trasmissione radiofonica, di cui ho sentito solo gli ultimi minuti. A parte l’accenno all’antisemitismo, questo non ce lo fanno mancare mai, si denunciavano l’omicidio di massa delle donne israeliane, vittime dI violenze sessualI da parte di Hamas il 7 ottobre. Sono risalita all’appello e sono rimasta incredula sul fatto che nell’intervista rilasciata dalla promotrice, la stessa che in altre sedi cita i grandi valori occidentali, non c’è cenno alcuno delle oltre 5000 donne Palestinesi ammazzate dal governo Israeliano. 5.000 DONNE, oltre 10.000 BAMBINI. Signora: 5.000 DONNE, 10.000 BAMBINI! Non è una questione politica signora Buitoni, questione politica in cui lei dichiara di non volere entrare, oramai non è neppure un omicidio di massa, è un genocidio. Così spero verrà riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia a cui lo Stato del Sud Africa ha fatto ricorso.