Italia-All Blacks, storia di una disfatta
Rugby Ai campionati del mondo finisce 96 a 17, una sconfitta che fa male
Rugby Ai campionati del mondo finisce 96 a 17, una sconfitta che fa male
Italia-All Blacks è la storia di una disfatta, una disfatta totale, assoluta, della quale non merita riferire la cronaca. Non merita, non è interessante se non a fini statistici proporre la progressione delle mete, il cedimento fisico, mentale, tecnico. È stato un collasso. Il punteggio è 96 a 17, quattordici le mete subite, equamente distribuite nelle due frazioni di gioco. Peggio di noi soltanto la Namibia (96 a 0 dalla Francia) e non serve dire altro.
Chi vuole potrà consolarsi con le due mete azzurre, apprezzabili nella fattura, che Ange Capuozzo e Monty Ioane hanno messo a segno nel secondo tempo – a Roma dicono “consolarsi con l’aglietto” – ma è davvero poco al confronto con quel che si è visto sul campo di gioco di Lione. Non è stata una questione di coraggio e nemmeno di volontà: nessuno può davvero pensare che ai ragazzi che giocano a rugby e vestono la maglia azzurra manchino il coraggio o la volontà. Andava, invece, preso atto fin dalla vigilia dei valori tecnici e mentali in campo: di là gli All Blacks, di qua l’Italia, provvisoriamente collocata all’11° posto nel ranking di World Rugby. E sarebbe stato altrettanto utile acquisire la piena consapevolezza del fatto che nella classifica delle nazioni che compongono il gotha del mondo ovale esistono dei gradini che è sempre più difficile scalare: puoi sconfiggere Samoa, puoi battere il Giappone, Tonga, persino Figi, puoi approfittare di un pessimo momento del Galles o dell’Australia, ma quando poi ti trovi di fronte i colossi della palla ovale, quelli che occupano stabilmente i vertici della graduatoria, c’è poco da fare. Lì si gioca un altro rugby.
Davvero qualcuno ha pensato che si potesse “fare la storia” (per usare una terminologia oggi molto di moda) e che l’Italia potesse battere gli All Blacks in un match decisivo della coppa del mondo? Qui vale la pena evocare William Shakespeare della quarta scena del I atto di Romeo e Giulietta: «Taci, Mercuzio! Tu parli di nulla». A parlare è Romeo e Mercuzio replica: «È vero, io parlo dei sogni, che sono figli di un cervello ozioso, generati da nient’altro che da una vana fantasia, la quale è di una sostanza sottile come l’aria».
Il rugby – anche questo è un modo di dire ma risponde a verità – è uno sport crudo, spietato, e non fa sconti. Nessun riguardo, nessuna cortesia, non lascia spazio ai cervelli oziosi e alle fantasie. Ieri sera gli All Blacks lo hanno ribadito. Dovevano vincere e dovevano farlo alla loro maniera, dominando, imponendo la legge del più forte, dal primo all’ultimo minuto di gioco. Non gli andava giù aver perso contro la Francia, non volevano più sentir parlare di crisi. Hanno fatto quel che andava fatto.
L’Italia aveva il diritto e il dovere di provarci perché questo è il senso di una competizione sportiva. Poteva andarle male o andarle meglio. E’ andata malissimo, che peggio non poteva. La sua partita è durata sedici minuti, non uno di più, poi è collassata in tutte le fasi di gioco, nei gesti tecnici, nel confronto fisico, nella tenuta mentale. Qualche segnale preoccupante era già emerso nei primi tempi contro Namibia e Uruguay ma si era preferito enfatizzare le cose buone, i secondi tempi, le dodici mete realizzate. Un errore di valutazione grande come una casa.
Con gli All Blacks è andata sotto subito e non solo non si è risollevata ma più si andava avanti più il disfacimento era evidente. Ha subito senza quasi reagire: sotto in mischia, disastrosa nelle touches, inefficace nei placcaggi (33 quelli mancati, un’enormità), spazzata via nelle ruck, sofferente nelle maul, indisciplinata. Piano di gioco non pervenuto, e neppure eventuali alternative. Crowley aveva optato per uno schieramento con Allan estremo e Garbisi riportato all’apertura e Morisi primo centro per le sue doti difensive. In molti avevamo pensato che avesse senso ai fini di una condotta prudente, tanti calci di spostamento per tenere lontani gli All Blacks e non sollecitare oltremodo il confronto fisico. Non ha funzionato, è bastata un’indecisione di Garbisi (passo o calcio?) al quarto d’ora e sul pallone perso la Nuova Zelanda ha occupato i ventidue metri azzurri, ha messo in moto i suoi drive sulle rimesse ed è subito calata la notte. Da quel momento in poi, marea nera.
Le sconfitte come quelle di ieri fanno molto male. Demoralizzano, tolgono certezze, sono destabilizzanti. Tra una settimana c’è la Francia, priva di Antoine Dupont, il suo carismatico fuoriclasse, ma pur sempre capace di esprimere un rugby collocato a distanze siderali rispetto a quello italiano. Il fatto che sconfiggere i francesi vorrebbe dire qualificarsi ai quarti è un dato puramente teorico che al momento non merita particolare considerazione. Si farà il possibile per provarci, è giusto, ma più importante di tutto è arrivarci con un assetto mentale adeguato, non schiacciati dalla sconfitta di ieri sera. Auguri.
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