La dolce follia di un andamento anarchico
Contagiro Seconda tappa
Contagiro Seconda tappa
Un appassionato ibernato solo vent’anni fa, e poi scaraventato in gruppo al giorno d’oggi, si troverebbe un po’ scombussolato nell’assistere a una fuga promossa dai campioni nazionali d’Eritrea o d’Albania.
Il calcio, a differenza del ciclismo, fu quasi da subito globale. Julio Libonatti venne da Rosario (sponda Newell’s) a fare grande il Torino vent’anni prima del Grande Torino.
Per avere qualche speranza in più nel derby gli altri ricorsero ai servigi, non sempre limpidi, di Luisito Monti, che ancora detiene il record di aver giocato due finali dei mondiali con nazionali diverse.
Al Giro d’Italia, per dire, il primo straniero a imporsi fu lo svizzero Koblet dopo cinquant’anni. Bottecchia ci impiegò meno a espugnare il Tour (e già qualche belga aveva provveduto), ma lui era Botescià, e in Italia per la verità raccolse poco, stretto tra la tirannia di Girardengo e quella, che si dice gli fu fatale, del regime. È che solo raggiungerla, la Francia, era dura. Figuriamoci primeggiare. E qualche volta fu dura anche tornare a casa, come imparò malvolentieri Fiorenzo Magni, lanciatissimo in maglia gialla nel ’50 quando Bartali impose il ritiro di tutta la squadra: troppo pericoloso continuare sotto le minacce e le aggressioni in corsa dei francesi, eccitati dalla campagna della stampa contro lo strapotere dei macaronì.
Così si svolse la vicenda per decenni ancora, con italiani, francesi, spagnoli, belgi a farla da padroni, fin quando non crollò il Muro e poco ci mancò che Piotr Ugrumov, catapultato a Oropa dall’URSS ormai dissolta, non ci facesse restar secco Padron Indurain.
Ora le squadre italiane in corsa sono due, Vincenzo Nibali corre per un gruppo del Bahrein, e protagonisti potenziali si piegano al gregariato pur di firmare un contratto per le corazzate del Pro Tour.
Il mare si vede solo alla partenza di Olbia e poi all’arrivo, a Tortolì. Si pedala ancora per 200 e più chilometri nel nuorese, tra querce da sughero scortecciate e pettinate dal vento. Per la prima volta si sforano i mille metri d’altitudine, ma il gruppo sonnecchia e il campione eritreo Teklehaimanot, ancora protagonista della fuga di giornata, fa sua la maglia dei Gpm.
Sul traguardo si consuma la vendetta delle ruote veloci, e il gorilla Greipel, favorito alla vigilia, si prende tappa e maglia rosa. La dovrebbe conservare oggi a Cagliari, dopo una tappa finalmente breve, che c’è da volare in Sicilia.
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