La lunga rincorsa di Buitrago sulle Dolomiti
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La lunga rincorsa di Buitrago sulle Dolomiti

Contagiro 2022 - Tappa 17 Il gruppo ha da poco passato Palù di Giovo, doverosa visita a tutta la truppa dei Moser, che, nella discesa successiva, Buitrago cade. Da lì comincia per il colombiano una rincorsa che culmina col trionfo a Lavarone

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 26 maggio 2022

Il gruppo ha da poco passato Palù di Giovo, doverosa visita a tutta la truppa dei Moser, che, nella discesa successiva, Buitrago cade. Da lì comincia per il colombiano una rincorsa che culmina col trionfo a Lavarone.
Faceva parte, Buitrago, della solita fuga di giornata, partita sul Tonale dopo il via da Ponte di Legno, il cui vantaggio era fatto lievitare dal sonnecchiare solito del gruppo in Val di Sole (dove sui corridori cade la prima pioggia del Giro, proprio lì). Affrontato dai fuggitivi il temibile Vetriolo, in discesa verso la salita del Mirador, ultima asperità di giornata, si erano precipitati Van der Poel e Leemreize. Altro inseguimento, dunque, per Buitrago, che dapprima screma il plotoncino dei contrattaccanti, poi risucchia uno a uno i battistrada, per esultare infine sul traguardo a braccia alzate.

Più indietro, tra i grandi, va in scena un copione ormai consunto. Le squadre fanno il lavoro sporco su Vetriolo e Mirador, si assottiglia il gruppo, cede poi Nibali e infine Almeida (a questo giro un po’ più in difficoltà), mentre Carapaz in rosa, Hindley e Landa vanno di pari passo all’arrivo.
Si comincia a rumoreggiare, tra gli addetti ai lavori, circa la mancanza di spettacolo in questo Giro. È perché i ciclisti vanno piano? Tutt’altro, se sul Santa Cristina è stato battuto il record di Pantani. Il problema è che tutti vanno forte alla stessa maniera ed hanno tutti la stessa maniera di andar forte. Tutti mangiano le stesse cose alle stesse ore, tutti si allenano con le stesse tabelle. Per cui, salvo crisi di fame, cadute o cedimenti psicologici, i valori tra i campioni sono livellati. E, soprattutto, tutti corrono con gli occhi posati non sulla mimica dell’avversario di turno, e gli altri sensi concentrati sulle reazioni del proprio corpo, ma sui computerini sistemati sul manubrio che misurano i wattaggi, cioè a che punto si è col consumo della propria cilindrata. Non c’è lo scatto, non c’è la grande differenza, c’è l’ognuno andar su del proprio passo. Che è, per carità, un gran bel passo, e siccome ognuno ha appunto il suo si può arrivare un po’ alla spicciolata, ma mai con grandi differenze. Non si rischia, da un lato, la grande impresa, dall’altra di fare il passo più lungo della gamba.

Capita quindi che responsabili dei distacchi siano più le planimetrie che non le altimetrie. La tappa di Torino ne ha prodotti di grandi perché le strade strette hanno provocato piccoli gap tra vari plotoncini, poi lievitati con l’andare del tempo. E i distacchi, infatti, si sono registrati tra gruppetto e gruppetto, non tra i singoli loro componenti. Senza un coraggioso reset tecnologico, il catalogo è questo e questo rimarrà.

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