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La «morte illacrimata» e gli auguri ai vivi
Immigrazione Dare nome e identità alle migliaia di persone morte in mare significa strapparsi a un’incuria che dimostra che non le consideravamo uguali a noi neanche da vive
Hombre en Llamas (Uomo in fiamme), scultura di cemento e coralli vivi nelle acque caraibiche protette di Isla Mujeres in Messico – Jason de Caires
Immigrazione Dare nome e identità alle migliaia di persone morte in mare significa strapparsi a un’incuria che dimostra che non le consideravamo uguali a noi neanche da vive
Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 7 gennaio 2018
Auguri ai morti. A quegli uomini, a quelle donne, a tutti quei bambini senza nome che giacciono nella bara d’acqua del Mediterraneo. Auguri a loro che non hanno potuto completare il viaggio. Auguri a quei fantasmi illacrimati, senza una tomba su cui un padre, una sposa, un figlio, potranno ricordare e piangere. La morte illacrimata, ci dice Pasolini, toglie alla vita ogni senso, perché le impedisce di entrare nel ricordo e di rivestirsi di sacro. Senza il cordoglio, senza un lamento di fronte al corpo funebre esibito, la vita perde la sua necessità perché non può essere raccontata, non può...