La Nuova Zelanda domina i pumas e va in finale
Rugby Primi verdetti con la compagine guidata da Ian Foster che si qualifica battendo gli argentini 44-6
Rugby Primi verdetti con la compagine guidata da Ian Foster che si qualifica battendo gli argentini 44-6
Le semifinali della coppa del mondo di rugby hanno emesso il primo verdetto. La Nuova Zelanda domina i pumas argentini con il punteggio di 44 a 6 e raggiunge la sua quinta finale mondiale. Sette mete a zero, risultato mai in discussione, divario tecnico che si è allargato con il passare dei minuti. Gli All Blacks hanno condotto le danze in maniera perfetta, esemplare. Un rugby senza effetti speciali ma concreto, efficace, dominante in tutti i fondamentali e in tutte le fasi di gioco. Tripletta per Will Jordan, due mete per Shannon Frizell, una a testa per Jordie Barrett e Aaron Smith. Per gli argentini soltanto la miseria di due calci piazzati. La seconda finalista uscirà dalla sfida di stasera a Parigi tra Inghilterra e Sudafrica. E’ la prima volta in dieci edizioni che la manifestazione vede rappresentati ben quattro continenti (Europa, Oceania, Africa e America del Sud) ai primi quattro posti e questa è forse l’unica vera sorpresa di questa Rugby World Cup in terra francese. I molti che si attendevano un dominio europeo, con Francia e Irlanda accreditate per la finalissima, hanno dovuto ricredersi. Quando è giunto il momento della verità sia gli All Blacks che gli Springboks, le due superpotenze dell’emisfero Sud, hanno saputo piazzare la loro micidiale zampata, rimandando a casa le due favorite. E ancora una volta la storia del rugby, che per oltre un secolo ha visto il predominio di queste due nazioni, ha fatto sentire il suo peso: tradizione, esperienza, concretezza hanno avuto la meglio. Laggiù, down under, il rugby non è soltanto un fatto identitario, è cultura, formazione, applicazione, spirito vincente.
I DUE QUARTI di finale dello scorso weekend, Irlanda-Nuova Zelanda e Francia-Sudafrica, sono state due sfide furenti di indicibile intensità, qualcosa che era difficile immaginare più tosto, abrasivo, logorante di così. Due vittorie di stretta misura, quattro punti e un punto, uno scarto che è dipeso da piccoli ma essenziali dettagli; e alla fine quei dettagli hanno promosso le due squadre più concrete, titolate, esperte (tre titoli mondiali ciascuna), capaci di presentarsi all’appuntamento decisivo con un bagaglio di mestiere e di consapevolezza immune da sbandamenti emotivi. Al tempo stesso quelle due incredibili sfide sono state, per parere pressoché unanime, le due vere semifinali e soltanto un sorteggio beffardo e troppo anticipato ha fatto sì che le quattro squadre fossero tutte collocate in quella parte di tabellone.
L’EUROPA, con il suo prestigio antico, deve dunque affidarsi ancora una vota all’Inghilterra, madre del gioco, quattro volte finalista, unica squadra del vecchio continente ad aver vinto la coppa – nell’anno 2003, con una squadra solidissima e pragmatica e forte di un incredibile calciatore, Johnny Wilkinson. L’Inghilterra, che nel mondo del rugby nessuno ama perché, si sa, le grandi potenze prima o poi debbono pagare pegno nei confronti di chi ne ha patito il dominio politico e sportivo; ed è un fatto che per cent’anni sono stati loro, gli inglesi, a dettare le regole del gioco. L’Inghilterra, che in questo 2023 ha patito sconfitte umilianti come il 53 a 10 per mano francese, una cosa mai vista. L’Inghilterra che gioca male, è spesso indisciplinata e colleziona cartellini, ma in questa coppa è l’unica squadra ancora imbattuta. L’Inghilterra, brutta, quasi inguardabile, ma è lì, a giocarsi un posto in finale: ancora loro, sempre loro, i maledetti inglesi contro i quali si catalizzerà il tifo di tutto il mondo ovale. Il Telegraph, quotidiano conservatore, qualche giorno fa è uscito con un articolo così titolato: “I fans irlandesi, gallesi e scozzesi dovrebbero ingoiare il loro orgoglio e sostenere l’Inghilterra alla coppa del mondo”. Se voleva essere era perentorio invito, non ha funzionato: è stato messo alla berlina su tutti i social. L’Inghilterra, che un po’ fa paura. Perché tutti sanno che gli inglesi non si danno per vinti, con loro non devi mai abbassare la guardia perché quelli ti fregano, magari nei minuti finali. Antipatici ma temuti. Di qua c’è il Sudafrica, con la durezza del suo pacchetto di mischia, l’aggressività nei punti di impatto, i calci a spiovere e quelle due ali leggere, Kurt-Lee Arendse e Cheslin Kolbe, che quando trovano spazio si infilano ovunque e fanno danni. Se il Sudafrica fa la sua parte e impone il suo gioco, gli inglesi non hanno scampo. Ma in questa coppa abbiamo già visto compiersi imprese sorprendenti. Meglio non fidarsi troppo.
Inghilterra: Steward; May, Marchant, Tuilagi, Daly; Farrell, Mitchell; Earl, Curry, Lawes; Martin, Itoje; Cole, George, Marler.
Sudafrica: Willemse; Arendse, Kriel, De Allende, Kolbe; Libbok, Reinach; Vermeulen, Du Toit, Kolisi; Mostert, Ezebeth; Malherbe, Mbonambi, Kitshoff.
TV: Sky sport 1 e Raisport, 21:00
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