Cultura
L’identità perduta della steppa
Intervista Parla l’antropologa e scrittrice Erika Fatland, autrice di «Sovietistan»: «Le culture e le popolazioni più dissimili dell’ex Urss si trovavano qui: nomadi, musulmani, privi di un’idea di stato, entrati prima nell’impero russo e quindi in quello sovietico»
Un’opera dell’artista kazaka Amalgul Menlibayeva
Intervista Parla l’antropologa e scrittrice Erika Fatland, autrice di «Sovietistan»: «Le culture e le popolazioni più dissimili dell’ex Urss si trovavano qui: nomadi, musulmani, privi di un’idea di stato, entrati prima nell’impero russo e quindi in quello sovietico»
Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 11 aprile 2018
«La mia professione è attraversare frontiere. Quelle strisce di terra di nessuno fra due posti di controllo sembrano sempre zone piene di promesse: la possibilità di nuove vite, nuovi profumi, nuovi affetti. Ma al tempo stesso scatenano in me un disagio che non riesco a reprimere». Questo incipit di J.G.Ballard (in Cocaine Nights) potrebbe essere una sinossi perfetta per Sovietistan, un viaggio nell’Asia Centrale (Marsilio, pp. 540, euro 19.50, traduzione di Eva Kampmann) dell’antropologa e scrittrice norvegese Erika Fatland. Nel libro l’autrice non fa che passare frontiere, visibili e invisibili. Il suo percorso affronta un’area che di confini veri e...