Lista civica ultimo rifugio della sinistra
Con l’apoteosi delle liste civiche (calcolate intorno al 70%), e con gli elettori che, sempre meno, alla fine hanno vinto la voglia di astenersi (circa il 60%) e sono andati […]
Con l’apoteosi delle liste civiche (calcolate intorno al 70%), e con gli elettori che, sempre meno, alla fine hanno vinto la voglia di astenersi (circa il 60%) e sono andati […]
Con l’apoteosi delle liste civiche (calcolate intorno al 70%), e con gli elettori che, sempre meno, alla fine hanno vinto la voglia di astenersi (circa il 60%) e sono andati a votare per il primo turno, queste elezioni amministrative mettono nella bottiglia alcuni messaggi offrendo un quadro abbastanza veritiero del clima politico.
Perché sempre di più i cittadini si tengono lontani dal seggio e dai partiti (un’astensione così non si era mai vista), e perché la lista civica sembra l’ultimo rifugio.
Sicuramente i risultati ci restituiscono un Pd in difficoltà, una sinistra radicata ancorché divisa, un centrodestra che si ricompatta, il Movimento dei 5Stelle che non vince ma tiene la trincea del voto locale.
Il primo messaggio dell’11 giugno è una conferma, forte, della crisi dei partiti, spappolati nel minestrone di liste civiche in una misura eclatante.
Chi si presenta con la sigla del partito raggranella modeste percentuali e alla fine riesce a piazzare il candidato al ballottaggio solo perché, come direbbe Totò, è la somma che fa il totale. Per dire, a Catanzaro, dove il centrosinistra va al ballottaggio con il centrodestra, il simbolo Pd compare nella coalizione civica con il 5% dei voti, a Genova vota Pd il 20%, all’Aquila il 17%, a Taranto l’11%.
Il secondo messaggio recapitato dai mille comuni è che le liste della sinistra alternative al Pd sono protagoniste di risultati che testimoniano un radicamento reale. Così a Padova con un 24%, nella stessa Catanzaro con il 23%, o a Taranto dove due sinistre divise sfiorano il 20%. E spesso il risultato è più alto se i candidati avevano scelto di optare per il centrosinistra al ballottaggio.
Se si andasse al voto politico con un sistema proporzionale, la sinistra che lavora nelle città lascia intravedere, al netto della sindrome masochista delle divisioni, una solida base per una significativa rappresentanza parlamentare.
Ne deriva direttamente che le sfide per il centrosinistra mettono il Pd nella scomoda posizione di chi senza i voti delle liste di alternativa rischia di perdere e fare cappotto nei ballottaggi.
Caso Genova a parte, solo al Nord ballano città come Monza, Piacenza, Lucca, Como, Asti dove un centrosinistra uscente arriva secondo nella sfida con un centrodestra capace di soprassedere alle questioni della leadership e delle alleanze.
Renzi si è tenuto a debita distanza da questo importante test elettorale e ha praticamente evitato di commentarlo limitandosi a un «in bocca al lupo» ai suoi per i ballottaggi. Evidente e manifesta la difficoltà di unire quel che in questi anni di renzismo è stato programmaticamente diviso. Il richiamo al voto utile per sbarrare la strada alla destra è l’ultimo coniglio che Renzi tira fuori dal suo stropicciato cilindro con le frettolose avances a Pisapia.
Il terzo avviso ai naviganti arriva indubbiamente dagli elettori dei 5Stelle.
Questa volta i cittadini-portavoce di Grillo e Casaleggio si sono presentati ovunque, a tappeto. Hanno pagato nei territori le divisioni alimentate dai vertici nazionali (a Genova come a Parma, come a Palermo). Ma sembrano esagerati, dettati dalla polemica di schieramento più che dall’analisi, i titoloni dei giornali sulla sconfitta pentastellata.
In genere giudicata disastrosa nel confronto con le percentuali nazionali e con gli exploit recenti delle elezioni comunali di Roma e Torino. Confronti azzardati specialmente per un movimento che sceglie la via solitaria, senza alleanze, senza camuffamenti civici.
Viceversa, seppure diversamente dall’affermazione delle liste civiche di sinistra, i 5Stelle, pur non arrivando in nessun grande comune al ballottaggio, si piazzano nelle città con percentuali che anche per loro testimoniano un radicamento non effimero nei territori (il 18% a Genova, il 12% a Taranto, il 16% a Palermo).
Senza sapere quale sarà la legge elettorale per le elezioni politiche prossime venture è difficile capire quali negozi politici si apriranno a livello nazionale tra gli ex del naufragato patto.
Tranne che intravedere, anche a sinistra, un certo favore per l’arretramento delle sigle di partito a vantaggio di una sola lista nazionale.
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