L’Italia e il test Uruguay
Sport Gli azzurri di rugby affrontano domani a Parma la squadra latino americana nel terzo e ultimo test match d’autunno. Un incontro sulla carta alla sua portata
Sport Gli azzurri di rugby affrontano domani a Parma la squadra latino americana nel terzo e ultimo test match d’autunno. Un incontro sulla carta alla sua portata
L’Italia affronta domani a Parma l’Uruguay nel terzo e ultimo test match d’autunno. Tra due mesi e mezzo, il 6 febbraio prossimo, è attesa allo stadio Saint Denis di Parigi per la partita di esordio nel Sei Nazioni 2022, il torneo in cui non vince dal 28 febbraio 2015, per un totale di 32 sconfitte consecutive. L’opinione dei più è che quella di domani sia una sfida che gli azzurri non solo hanno il dovere di vincere ma devono vincere bene, mostrando di possedere un gioco solido e strutturato. L’Uruguay occupa il 17° posto nel ranking mondiale, appena tre posizioni sotto l’Italia ma con uno scarto tecnico che al momento non appare colmabile. E’ la prima volta, dopo la sfida contro il Canada alla coppa del mondo 2019, che l’Italia affronta una formazione più debole (almeno sulla carta). Domenica scorsa a Padova i “Teros” (il tero è una pavoncella, simbolo della nazionale sudamericana) hanno sfidato la nostra squadra A uscendone sconfitti con il punteggio di 31 a 13 e una differenza di cinque mete a una. La medesima squadra, già sconfitta dalla Romania, con qualche rinforzo soprattutto nel pacchetto di mischia, ci riprova con la nostra nazionale maggiore. Due soli i precedenti, nel 2001 e nel 2007, in occasione di tour estivi, e due vittorie azzurre. In questi test novembrini l’Italia ha subito due sconfitte. Una, accettabile, contro gli All Blacks; l’altra, molto brutta, contro i Pumas argentini, con gli azzurri semplicemente inguardabili. L’impressione, per dirla tutta, è che la china discendente del rugby italiano si stia facendo sempre più ripida e che il ritardo accumulato nei confronti delle altre nazioni del cosiddetto “Tier 1”, l’élite del rugby mondiale, sia quasi irrecuperabile.
LA CRISI E’ SERIA e chiama in gioco tutti: la federazione, le accademie che dovrebbero formare i nostri futuri campioni, i club, gli staff tecnici, l’organizzazione. E anche chi in Italia racconta questo sport. Ha ancora senso compiacersi per le “onorevoli sconfitte” quando persino il pubblico del rugby, che per anni ha accompagnato con passione la nazionale, comincia a disertare i grandi appuntamenti e sugli spalti dell’Olimpico compaiono sempre più spesso ampi spazi vuoti? Trentadue sconfitte consecutive nel più importante torneo internazionale, con allenatori e direttori tecnici – Jacques Brunel, Conor O’Shea, Franco Smith, solo negli ultimi sei anni – che si sono passati il testimone senza lasciare alcun segno tangibile, sono un pessimo segnale. Ventidue anni fa, quando l’Italia fece il suo esordio nel Sei Nazioni sconfiggendo gli scozzesi campioni in carica, sembrava l’inizio di una nuova promettente storia, l’avvio di un percorso che certo non ci avrebbe risparmiato brucianti sconfitte ma ci avrebbe anche consegnato momenti di autentica gioia. Oggi quella storia sembra giunta al capolinea. Quel traguardo, l’ingresso nel grande torneo, l’Italia l’aveva conquistato sul campo battendo Francia, Irlanda, Scozia: era un fatto concreto e giustamente ci tenevamo a sottolinearlo. Oggi quella stessa legge del campo ci dice che lì, tra i migliori, non possiamo più stare: la meritocrazia non può essere a senso unico.
LA VITTORIA contro l’Uruguay (che si è già qualificato alla prossima coppa del mondo) è probabilmente scontata. E forse vedremo anche qualche sprazzo di bel gioco. Ma che tutto questo possa tradursi in una squadra competitiva nel prossimo Sei Nazioni, capace di esprimere un gioco e una chiara identità, c’è da dubitarne. Non solo la strada è lunga ma bisogna piantare paletti, stabilire obiettivi intermedi e raggiungerli. Rispetto al match contro l’Argentina ci sono sette cambi, uno dei quali reso necessario dal grave infortunio a Marco Riccioni: rottura dei legamenti crociati del ginocchio. Nel ruolo di pilone destro va Ivan Nemer. Pierre Bruno fa il suo esordio in maglia azzurra, con Padovani che scivola all’estrema al posto di Minozzi. In mediana si rivede Callum Braley, che rileva Varney, mentre Abraham Steyn ritorna a indossare la maglia nunero 8.
Italia: Padovani; Bruno, Brex, Morisi, Ioanne; Garbisi, Braley; Steyn, Lamaro, Negri; Ruzza, Fuser; Nemer, Bigi, Fischetti.
Uruguay: Silva; Favaro, Arcos-Perez, Freitas, Mieres; Etcheverry, Inciarte; Diana, Civetta, Ardao; Leidekar, Dosantos; Arbelo, Kessler, Sanguinetti.
TV: Skysport 1, 14:00.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento