L’Italia fermata dallo smog
Il mese di dicembre era servito a Matteo Renzi per rincorrere ogni inaugurazione. E ogni volta, dalla variante autostradale appenninica ai restauri di Pompei, il messaggio era sempre lo stesso: […]
Il mese di dicembre era servito a Matteo Renzi per rincorrere ogni inaugurazione. E ogni volta, dalla variante autostradale appenninica ai restauri di Pompei, il messaggio era sempre lo stesso: […]
Il mese di dicembre era servito a Matteo Renzi per rincorrere ogni inaugurazione. E ogni volta, dalla variante autostradale appenninica ai restauri di Pompei, il messaggio era sempre lo stesso: l’Italia è ripartita e corriamo più degli altri paesi europei. Non ha finito di pronunciare quelle frasi che – caso esemplare di autogufaggio – le città italiane si sono fermate. A causa dell’aria avvelenata il traffico automobilistico privato è bloccato da Milano a Napoli e molte importanti città della pianura padana fermano il loro cuore produttivo.
Insomma, nel momento del massimo sforzo, il castello di carte retorico è crollato sotto il peso della realtà vera: il paese è fermo perché il governo non ha una politica lungimirante per il sistema urbano.
L’avvio dell’offensiva propagandistica renziana era iniziato proprio con la cerimonia di chiusura dell’Expo milanese. Fiumi di retorica per convincerci che la capitale economica del paese era stata trasformata dal grande evento e che si trattava soltanto di cogliere i frutti del lavoro svolto. Quattordici miliardi di euro gettati al vento senza aver programmato nessuna innovazione nel sistema dei trasporti pubblici di Milano. Cento ettari di territorio agricolo coperti di cemento e asfalto ad alterare ulteriormente il bilancio ambientale della città. Questa essenza di una visione lungimirante dello stato delle città è la causa vera del blocco di Milano.
Lo stato delle città italiane era ben noto al primo ministro. Negli ultimi mesi in cui era sindaco di Firenze, per far cassa e non sforare i vincoli di indebitamento, aveva venduto –attraverso la fidata Cassa Depositi e Prestiti- il Teatro comunale. Renzi sapeva dunque perfettamente che la causa della crisi delle città stava nella politica dei tagli di bilancio imposti dalle politiche europee. Tutti i suoi atti da premier non hanno minimamente scalfito questo stato di fatto ed anche l’ultima legge di bilancio tra tante inutili mance ha dimenticato di sostenere le città. Non bastassero le mance, nell’ultimo provvedimento è stata anche ripristinata la possibilità per tutti i comuni di pagare la spesa corrente attraverso gli oneri di urbanizzazione: una mostruosità che era stata cancellata persino dal governo Monti. Renzi ha cambiato verso ripristinando il dominio della speculazione immobiliare.
Ecco perché non regge la linea difensiva della siccità eccezionale e delle avverse condizioni metereologiche. Sono anni che proprio per attenuare gli effetti del cambiamento climatico, la comunità degli specialisti e molti economisti chiedono di porre in essere una politica organica per le città. Per realizzare quei sistemi non inquinanti e innovativi di trasporto urbano che vengono invece realizzati in ogni parte d’Europa. Per finanziare la coibentazione degli edifici nati nel periodo del grande boom edilizio quando si costruiva senza alcuna considerazione della variabile energetica e del conseguente inquinamento. Con queste politiche si potrebbero creare centinaia di migliaia di posti di lavoro e favorire la nascita di aziende specializzate nell’innovazione di prodotto. Renzi ha invece preferito sperperare ingenti risorse pubbliche per finanziare le modestissime assunzioni del job act.
Un ultima osservazione riguarda anche il silenzio degli economisti liberisti di fronte al tracollo delle città italiane. Quando fa loro comodo ci inondano di calcoli del crollo del Pil a causa di rivendicazioni sociali. I casi più recenti riguardano la temporanea chiusura a manifestazioni sindacali annunciate per tempo del Colosseo o di Pompei. Il Pil crollava per la cecità dei lavoratori. Ora che le città sono crollate a causa delle loro insensate scelte neppure un gemito o un calcolo approssimato di quanto costa al sistema Italia non aver puntato nella riqualificazione ambientale delle città. Del resto, proprio quegli stessi teorici del pareggio di bilancio hanno imposto politiche tariffaria delle aziende di trasporto pubblico insostenibili. Oggi, a disastro avvenuto, le città corrono ai ripari offrendo pacchetti tariffari socialmente convenienti. Insieme alla inesistente ripartenza dell’Italia renziana siamo ancora prigionieri di questi ragionieri del declino.
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