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L’Italia in Libia, dalla cabina di regia al salto della quaglia
Contrordine giallo-verde Per evitare un’altra clamorosa sconfitta come quella del 2011 con la caduta di Gheddafi, l’Italia obbedisce a Trump e invoca l'aiuto di Putin
Al vertice di Pechino il premier italiano Conte, di spalle, si avvicina a Putin e al Sisi – Afp
Contrordine giallo-verde Per evitare un’altra clamorosa sconfitta come quella del 2011 con la caduta di Gheddafi, l’Italia obbedisce a Trump e invoca l'aiuto di Putin
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 28 aprile 2019
I soliti sospetti: degli italiani non ci si può fidare. Cominciano con un alleato e finiscono con un altro. Il salto della quaglia in Libia è arrivato quando ormai da tempo si era capito che Serraj – sbarcato a Tripoli nel 2016 proprio dagli italiani – non lo voleva più nessuno di quelli che contano sulla scena internazionale punta più sul premier di Tripoli. A partire da Trump, cosa di cui si è accorta con un impercettibile ritardo persino la stampa americana. Apprendiamo quindi da Conte a Pechino che «non stiamo né con Sarraj né con Haftar ma con il...