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L’ultima volata di Gaviria nelle terre di Coppi

Contagiro Dodicesima tappa

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 20 maggio 2017

A dicembre non si corre in bicicletta. Si chiude la baracca a ottobre, con il Giro di Lombardia, e se ne riparla l’anno dopo in primavera, a San Giuseppe, con la partenza da Milano e la rincorsa verso la riviera di San Remo.

Chi ha passione per la caccia, per esempio, ne approfitta.

Uno strappo alla regola si fa per i criterium: circuiti cittadini a invito, dove si corre tra amici e si raggranellano pure dei bei soldi dagli sponsor. Ce n’è giusto uno in Alto Volta (si chiamava ancora così il Burkina Faso nel 1959), perché non si parte dalla Francia e dall’Italia, con il freddo che ci fa? Sfilata sui pedali per le vie di Ouagadougou, la capitale, e l’indomani caccia grossa. Nella stanza di Raphael Géminiani le zanzare quella notte banchettano.

Il giorno dopo il campione francese torna a casa assieme ad altri della compagnia, e poco dopo il rientro a Parigi entra in coma. Il sangue lo analizzano all’istituto Pasteur: malaria. Avvertiamo casa Coppi, che anche lui non stava bene, anche se aveva trovato il tempo di tornare a caccia nella sua tenuta e di assistere all’esordio di Rivera in maglia grigia. Ma i medici italiani non sentono ragioni: voi curate i vostri, che il nostro lo curiamo noi.

E così Bartali, da poco sceso di bicicletta e salito in ammiraglia, non avrà il suo gregario d’eccezione alla San Pellegrino (l’aveva ingaggiato a fine carriera per far da balia ai giovani). Fausto Coppi muore all’ospedale di Tortona, poco lontano da Castellania dov’era nato, in questo lembo d’Italia che non è più pianura, non è ancora montagna ed ha vicino il mare.

Viene da chiedersi se non c’entri qualcosa quest’ibrido geofisico con l’essere stato Coppi il più grande su tutti i tipi di terreno.

Oggi a Tortona arriva il gruppo, che riprende la scampagnata lungo la via Emilia interrotta ieri a Reggio. Non ci arriva Geraint Thomas, che la cronometro pareva aver rimesso in sesto. Paga la caduta all’imbocco del Blockhaus, e la Sky ne esce decapitata: sarà anche sfortuna, ma si conferma che il Giro è affare per navi corsare, non per corazzate.

L’arrivo, disegnato al termine di uno stradone largo e dritto, deve sembrare troppo facile da raggiungere a Gaviria, che infatti a metà rettilineo si distrae. Una pletora di aspiranti usurpatori si attacca allora alla ruota di Richeze, che di Re Fernando è l’araldo, ma nella zuffa per il trono si danneggiano l’un l’altro, il sovrano legittimo rimonta e per la quarta volta in questo Giro esulta sul traguardo.

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