Messi d’Arabia fa discutere
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Messi d’Arabia fa discutere

Leo Messi

Sport L’argentino è il nuovo testimonial del paese saudita, uno dei paesi colpevoli nella violazione dei diritti umani.

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 12 maggio 2022

Il Paris Saint Germain del fondo qatariota tace. Amnesty International mette in piedi una campagna social sul calciatore più famoso e ricco al mondo che diventa il volto di uno dei paesi colpevoli nella violazione dei diritti umani. Il Messi d’Arabia non convince. L’argentino è il nuovo testimonial del paese saudita, è stato già a Jeddah da ambasciatore del turismo. La conferma, prima del viaggio in Arabia, è arrivata dallo stesso Messi su Instagram, con una foto che lo vede seduto a bordo di una barca sul Mar Rosso, viso al sole, con l’hashtag #Visit Saudi, ricevendo il benvenuto del ministro del turismo saudita, Ahmed Al-Khatib. Già lo scorso anno Messi è stato corteggiato dall’Arabia Saudita, così come il suo storico rivale calcistico, Cristiano Ronaldo: l’offerta da sei milioni di euro era stata respinta.

Il fuoriclasse diventa, secondo Amnesty, un altro dei «tanti pezzi del big game», un influencer da 300 milioni di follower su Instagram che serve come diversivo

STAVOLTA NO, la Pulce sarà l’attrazione turistica del paese sul Golfo Persico, per l’indignazione di Amnesty International, che su Twitter scrive: «Viaggiare in Arabia Saudita è una cosa, ma essere pagati per glorificare il Paese è un’altra. Vuoi davvero sostenere questo, Messi?». E’ il punto: perché un’icona internazionale, con un conto in banca da oltre un miliardo di euro, si associa a un paese puntualmente colpevole nella violazione dei diritti umani? Amnesty, nella sua campagna social contro la scelta di Messi, snocciola cifre: nel 2022 in Arabia Saudita sono state giustiziate almeno 106 persone, è la cifra più alta degli ultimi 20 anni. Messi diventa, secondo Amnesty, un altro dei «tanti pezzi del big game», un influencer da 300 milioni di follower su Instagram che serve come diversivo di un paese che non tutela i diritti umani e che prova a ripulirsi l’immagine attraverso personaggi sportivi famosi in tutto il mondo. Il fenomeno è ormai risaputo, si chiama greenwashing, è stato utilizzato anche in altri paesi arabi, tipo dal governo qatariota che lo scorso anno ha stretto un accordo da 177 milioni di euro con David Beckham per rendere l’inglese uno dei volti dei Mondiali in programma tra novembre e dicembre.

Messi d’Arabia in ogni caso farà ancora discutere ma potrebbe rappresentare almeno un ponte per il disgelo nei rapporti tra il Qatar e l’Arabia Saudita, assai poco idilliaci negli anni per la supremazia geopolitica nell’area del Golfo Persico. I primi segnali distensivi si sono avuti due anni con l’incontro, sul Mar Rosso, tra lo sceicco Al Thani e il principe saudita Mohammed bin Salman.

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