Sinceramente l’articolo non mi convince per nulla, in molti punti a partire da questo, in quanto faccio fatica a considerare un atto contro un’opera d’arte non-violenza mentre chi balla in mezzo a un campo non sta agendo contro nessuno.
Se imbrattare un van Gogh è non violenza, allora lo era anche la distruzione dei Buddah da parte dei Talebani, o quella di Palmira da parte dell’ISIS. Altrimenti bisognerebbe ammettere che il fine giustifica i mezzi, ma l’autore fa un salto logico negando implicitamente la rilevanza della simpatia dell’opinione pubblica.
Anche il passaggio sull’ICM, che si usa per legittimare il ragionamento, è molto nebuloso e sembra decontestualizzato.
Potrei sbagliarmi ma non ricordo azioni di Ghandi contro simboli che non c’entravano assolutamente nulla con la lotta che conduceva: Van Gogh ha passato gran parte della sua vita ad esaltare la vita rurale dei contadini, mi chiedo se i tiratori di minestrone, o anche l’articolista, si rendano conto della lezione pedagogica che ci ha lasciato l’opera di Van Gogh